“Una delle più orribili caratteristiche della guerra è che la propaganda bellica, tutte le vociferazioni, le menzogne, l’odio provengono inevitabilmente da coloro che non combattono”. George Orwell
OK, partiamo da un semplice ed incontestabile presupposto: oggigiorno la guerra è solo uno dei tanti investimenti finanziari a lungo termine, con ricadute sull’Economia “reale” presente e futura.
E affermando ciò, non intendo parlare del fresco acquisto di 20 caccia F-35 (JSF) da parte di Israele, per gentile concessione del Pentagono e in prospettiva anti-Iraniana, né all’Italica lista della spesa che – per chi non lo sapesse – ne ha messi in conto addirittura 131, per “svecchiare” la propria flotta aeronautica, per una spesa stimata in oltre 13 miliardi di Euro…
La considerazione di partenza prescinde da ogni sterile istinto polemico e nasce solamente da una fredda analisi della realtà. Dopo tutto, senza star troppo a sindacare sulla giustezza o meno di un conflitto armato, o sulla fondatezza delle ragioni e gli ideali che ad esso possano condurre, basta guardarsi attorno.
Oro, Petrolio, Prodotti derivati, Immobili? Macché! A parte quello della droga e quello farmaceutico, l’unico Mercato a non risentire della Crisi, per quanto profonda possa essere, è quello bellico. Non mi riferisco in esclusiva al settore delle armi, ma anche a tutti gli affari e agli interessi gravitanti attorno al “campo di battaglia”. Come sanno bene i “general contractors”, ho in mente le forniture, gli investimenti, le spese di ricostruzione e via discorrendo. Un modo per nulla trascurabile, ed anzi, tremendamente efficace, per sostenere la crescita del Sistema Economico Internazionale e riempire le tasche di quei pochi, che a costo della vita altrui, “combattono” l’insussistenza economica della Pace…
Se ci si limita alla Storia recente, il caso di Saddam Hussein è stato tanto esemplare, da sfiorare la perfezione. Dittatore o Capo di Stato che fosse, che vestisse i panni dell’amico o del nemico in base alle “esigenze d’Oltreoceano”, per lobbisti e faccendieri egli era nient’altro che un “tappo”, una strozzatura che impediva all’Oro Nero di “sgorgare dall’oleodotto” e a decine di Multinazionali di fare affari miliardari nel suo Paese, l’Iraq. Soluzione: rimuoverlo a cannonate.
Ciò non bastasse, “pacificata” a metà la Mesopotamia, mentre Baghdad continua ad essere scossa da “democratici attentati quotidiani”, un’ulteriore dimostrazione dell’iniziale assunto, passa per l’Afghanistan.
Anche senza “buttar l’occhio” al calendario, è quantomai difficile dimenticare che siano trascorsi ben nove anni dalla nostra invasione di quella terra. “Nostra” nel senso che tutti, in Occidente, ci siamo ritrovati nostro malgrado, nella condizione di essere carnefici e vittime (potenziali) di una “guerra al terrore” discutibile, decisa affrettatamente a tavolino da due Politici ormai “pensionati”, ovvero George W. Bush e Tony Blair.
Personaggi sulla cui moralità ci sarebbe assai da discutere – viste le menzogne e gli artifici diplomatici, costruiti attorno alle famigerate ed inesistenti armi di distruzione di massa Irachene – che hanno lasciato coscientemente, fieramente e chissà mai, interessatamente, una spada di Damocle pendente sulla testa del mondo…
In effetti, se inizialmente il desiderio di vendicare il vile “attacco all’America” e di catturare o uccidere Osama Bin Laden, Ayman al-Zawahiri, (rispettivamente fondatore e reggente di Al-Qaeda) e il Moullah Omar (presunto capo dei Talebani) ha stretto in un tutt’uno i popoli del mondo, nauseati dal fumo delle Torri Gemelle in fiamme, col tempo ha finito per lasciare il posto a dubbi, perplessità e polemiche, sull’effettiva verità degli eventi e sull’efficacia della presenza delle Forze ISAF a Kabul e dintorni.
In un periodo così lungo, in un’epoca di guerra iper-tecnologica e – perdonate la scempiaggine – “intelligente”, ci si potrebbe chiedere a buon diritto, perché non si sia cavato un ragno dal buco. Messe da parte le contrapposizioni della Politica e quelle dei vertici militari (McChrystal VS Petraeus, per dirne una), rimangono solo una gigantesca distesa di papaveri da oppio, ed un Presidente corrotto e voltagabbana a capo del Governo (Hamid Karzai), che al di là dei proclami della prima ora, finirà per trattare e scendere a patti con avversari, da sempre dipinti come retrogradi, misogini, illiberali e anti-democratici. Insomma, Talebani ante litteram!
Senza peccare di tatticismo, se l’obiettivo fosse davvero la vittoria sugli Studenti Coranici – istruiti al Jihad nelle madrase Pakistane e grazie a finanziamenti esteri, quasi mai provenienti da Paesi Islamici – la soluzione sarebbe stata una ed una sola: l’Arma Nucleare… D’altronde il male va fatto tutto e subito, al contrario del bene, che va donato con parsimoniosa lungimiranza.
Invece si va avanti con un’escalation di “mordi e fuggi”, attacchi accidentali ai civili, sconfinamenti nel Waziristan Pakistano, propositi di disimpegno e di ritiro. Un unico eccezionale caso, in Economia, in cui l’incertezza comporti un aumento di valore…
La mia non è una provocazione, anche perché non auspico certo una nuova e più devastante Hiroshima. E’ piuttosto un’osservazione, a sostengo della tesi che la “cronicizzazione” di un conflitto sia un vantaggio in termini di Dollari sonanti, per degli individui senza scrupoli, sconosciuti ai più. Continuare a garantirsi il Potere di costruire, mantenere e “decomissionare gli arsenali”, rappresenta un’ingente fonte d’introiti, che non si vuol certo esporre al rischio di ridimensionamento, ridestando dal letargo un’opinione pubblica distratta e rassegnata.
Un “colpo” rapido e risolutivo sarebbe una duplice “perdita secca”, in termini imprenditoriali…
Bush, Blair e… Berlusconi. Comunque la si veda, qualunque sia il proprio credo politico, una cosa è certa: mentre a Londra e Washington sono cambiate le poltrone e mutati gli arredi, sulla scia del cambio di “inquilini” tra Downing Street e la Casa Bianca e mentre in Olanda, Canada e Germania cominciano a chiedersi sempre più insistentemente, se il “gioco valga davvero la candela”, a Roma tra tentennamenti, slogan e vaneggiamenti vari, si continua ad appoggiare la presenza delle Truppe Tricolori in quell’apocalittico scenario di guerra.
E nonostante il precipitare della situazione, il nostro Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, continua acrobaticamente ad evitare di prendere una seria posizione al riguardo, mandando in avanscoperta il proprio Ministro degli Esteri, Franco Frattini, o peggio, quello della Difesa, Ignazio La Russa, dando in tal modo, una notevole prova delle proprie doti di Statista…
Nulla di quanto preventivato nella lotta al terrorismo è stato realizzato. Né il mondo, né l’Italia, sono più sicuri e sereni di prima.
Al cospetto delle ultime valorose vittime, cadute tra gli Alpini, durante una missione nella provincia di Farah, non serve parlare nuovamente di eroismo e d’Amor di Patria. Ciò è cosa doverosa e meritoria, per quanto onorevole ed encomiabile. Non interessa dar credito alla solita parata di gaglioffi e Rappresentanti delle Istituzioni, che anche stavolta, sull’attenti, ha accolto bare avvolte dalla sacra Bandiera e bagnate dalle lacrime del Picchetto d’onore, declamando al vento parole vuote e ormai tristemente note – “i nostri ragazzi…” – nella solita vergognosa “marchetta propagandistica”.
Tra “cambi di Brigata” e raccapezzati rifinanziamenti della missione, migliaia di soldati Italiani si trovano sempre più impantanati tra il fuoco di un nemico che in casa propria non fa sconti e quello ondivago e comunque “mortale”, proveniente dalla solita scialba e nauseabonda Politica Nazionale.
Proferendo menzogne e calpestando la Costituzione, dal “Palazzo” ci avevano abbindolato con un anglofono neologismo, “missione di Peace-keeping”, che adesso non regge più e del quale qualche arrogante Cavaliere dovrebbe render conto, innanzi all’unico tribunale che gli confà: quello del popolo.
Sebbene sia fuori discussione il pieno sostegno alle truppe, è evidente che la scelta di proseguire una guerra senza idee, non prendendo atto che si stia combattendo una battaglia che non avrà dei veri vincitori, sia destinata solo far piangere altre famiglie.
Non è più tempo di soffermarsi a valutare l’opportunità di concedere la piena operatività ai nostri caccia-bombardieri, o di allargare le maglie delle regole d’ingaggio impartite ai nostri soldati. E’ il momento di riportare tutti a casa, o anche noi, tra qualche tempo, finiremo per poterci fregiare di aver “goduto” di un piccolo, amaro, Vietnam.
Mentre l’eco del nuovo logorante grido di dolore vibra ancora nell’aria e la vita di quattro fratelli diventa pian piano un triste ricordo, un solo ordine, univoco, indiscutibile e perentorio, tarda a venire schietto e deciso: “Via da Kabul”!
D.V.