Sono passati venticinque anni dallo scandalo Irangate, ma l’onda lunga delle sue conseguenze agita ancora le acque della Diplomazia Internazionale.
Quell’oscuro commercio di armamenti tra Stati Uniti ed Iran – le cui ragioni restano confinate nei libri di Storia – è in effetti la causa principale dell’odierno Dossier Nucleare Iraniano, poiché fu allora che il defunto leader supremo, Ayatollah Ruhollāh Khomeyni, decise di dotarsi dell’arma atomica, per garantire al proprio Paese una supremazia militare ben al di là dell’Area Mediorientale.
Il timore che pervade Washington – e tutti i Governi Occidentali – dopo le notizie dei successi ottenuti dagli scienziati di Teheran nel processo di arricchimento dell’Uranio, ha dunque più che un fondo di verità. Avere la coscienza sporca non paga…
Come se non bastasse, è giunta la propaganda della televisione di Stato Iraniana, che ha mostrato al mondo le esercitazioni balistiche effettuate dai Pasdaran (I Guardiani della Rivoluzione), nel corso delle previste manovre militari denominate “Gran Profeta 4”.
I test preliminari hanno riguardato missili a medio e corto raggio (un terra-terra Fateh-110 ed uno navale Tondar-69), nonché la sperimentazione di un sistema per il lancio multiplo simultaneo di vettori Zelzal destinati a bersagli diversi.
Poi è stata la volta del Sejjil-2 (modello a 2 stadi) e dello Shahab-3 (derivato dal No Dong Nord-Coreano, ma notevolmente migliorato grazie all’aiuto dei Russi), che essendo in grado di viaggiare per oltre 2.000 Km, potrebbero colpire Israele e le basi Statunitensi del Golfo Persico.
Va inoltre segnalato, che il Ministro della Difesa, Ahmad Vahidi, presenziando stamani all’inaugurazione di un impianto per la produzione di combustibile solido, destinato a missili a lunga gittata, abbia rinnovato la minaccia di scatenare una guerra, che porterebbe alla distruzione del “regime Sionista”, qualora esso decidesse un attacco preventivo contro le installazioni militari del suo Paese.
Tale circostanza ha accresciuto le preoccupazioni della Casa Bianca, già messa in allarme dalla pressoché contestuale scoperta, di un secondo sito di lavorazione dell’Uranio, nei pressi della città sacra di Qom.
Su indicazioni di Barack Obama, il Segretario alla Difesa U.S.A., Robert Gates, (teoricamente tra i “falchi” dell’Amministrazione) ha lasciato ampi margini all’opera dei diplomatici, affinché sia dimostrato che il programma nucleare Iraniano abbia solo finalità pacifiche.
Il prossimo 1 Ottobre, a Ginevra, è stato programmato un incontro in proposito, tra i rappresentanti della Repubblica Islamica e quelli del Gruppo dei 5+1 (i cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu più la Germania), in cui si tenterà di chiarire la situazione. Se i colloqui dovessero fallire, si ricorrerebbe all’imposizione di nuove sanzioni contro il Governo di Ahmadinejad, accettando il rischio di colpirne la popolazione, già provata da difficoltà economiche e scontri di piazza.
Per ora dunque, gli U.S.A. non pensano ufficialmente ad un intervento militare. Non la vedono allo stesso modo i rappresentanti del Esecutivo Israeliano, che alla sola idea di poter spazzare via l’ingombrante vicino si fregano le mani e per questo tengono in allerta i propri caccia-bombardieri, già in fase di rullaggio sulle piste.
Insomma, il pericolo di un nuovo conflitto in “salsa Mesopotamica” – addirittura con possibili risvolti nucleari – non è affatto da escludere.
D.V.