“Tutto è cominciato con la Democrazia. Prima che avessimo il voto, tutto il Potere era nelle mani dei ricchi. Avendo i soldi potevi avere assistenza, istruzione e previdenza, ecc… La Democrazia, dando il voto ai poveri, ha spostato il Potere dai Mercati ai seggi elettorali, dal potere economico alle votazioni (…) Credo che la Democrazia sia l’idea più rivoluzionaria del mondo, molto più del Socialismo o di qualunque altra, perché quando hai il Potere, lo usi per soddisfare le esigenze tue e della Comunità. Le scelte da compiere, dipendono dalla Libertà di scegliere, ma se sei sommerso dai debiti non hai questa libertà (…) Per il Sistema è vantaggioso che il lavoratore medio sia sommerso dai debiti, poiché le persone indebitate si demoralizzano e le persone demoralizzate non votano. Se i poveri si unissero e votassero per persone che rappresentassero davvero i loro interessi, assisteremmo ad una reale Rivoluzione Democratica. Il Sistema non vuole questa Rivoluzione, pertanto fa si che le persone siano depresse e pessimiste (…) Esistono due modi per controllare la gente: terrorizzarla e demoralizzarla. Una Nazione istruita, sana e fiduciosa è più difficile da governare (…) Credo che alcuni individui seguano una propria teoria e non vogliano che il popolo sia istruito, sano e fiducioso perché sarebbe impossibile controllarlo (…) L’1% della popolazione possiede l’80% della ricchezza del mondo. E’ incredibile che le persone lo sopportino, ma sono povere, sono demoralizzate, sono terrorizzate e quindi pensano che la cosa più sicura da fare sia farsi comandare e sperare bene”. (Tony Benn)
Incipit. Per quanto mi riguardi, ogni discussione riguardo a cosa debba intendersi per Democrazia, non può prescindere dall’insegnamento di Tony Benn. Parole, le sue, talmente sagge e lungimiranti che taluni, magari, presi da un eccesso di superbia, potrebbero limitarsi ad etichettare come ovvie e risapute. Può anche darsi. Ciò non toglie, tuttavia, che così come una pianta non può fare a meno delle proprie radici, la Società in cui viviamo, le cui Libertà si dànno troppe volte come indiscutibilmente scontate, non può prescindere dalle conquiste che la Storia ricorda essere state ottenute grazie alla lotta e al sacrificio di pochi “folli sognatori”, coi piedi profondamente piantati in una terra malsana chiamata “realtà”.
Proprio partendo dal pensiero di quel genio politico Laburista d’Oltremanica, venuto a mancare lo scorso anno, ho avuto modo di dibattere a più riprese con gli scoraggiati, rassegnati proseliti del Partito dell’Astensione, ribattendo punto su punto alle ragioni che li abbiano indotti, nel tempo, a dire basta alle Urne. E ovviamente, proprio l’invito alla lettura di quelle poche, sintetiche righe, sovente ha fatto la differenza per convincerli dell’importanza della Partecipazione popolare, quale unica ed irrinunciabile base della Democrazia.
Il dubbio Amletico. Recentemente, intrappolato inerme nel divenire degli eventi che hanno condotto ad incendiare l’Ellade e a “svendere” il Partenone, mi sono chiesto: “pensare, parlare e scrivere, polemizzando e battendosi in difesa dei valori Democratici, sono ancora dei punti focali della Politica, specie di quella professata dalla Sinistra“? La risposta è di là da venire, seppure la nebbia dell’incertezza stia lasciando spazio, pian piano, alla luce della consapevolezza…
La mia domanda ha una base nella cronaca dei fatti che corre lungo l’asse Atene-Bruxelles, che passa per Francoforte e Berlino e che finisce dritto a Washington. Riguardo al “rischio Grexit”, scampato o perdurante che sia; alla fuga dall’Euro e al ritorno alla Dracma; al potenziale crollo dell’Eurozona e dell’Unione Europea; ad un allargamento della Crisi; alle prevedibili tempeste sui Mercati e chi più ne ha più ne metta, si è detto di tutto e di più. Ergo, lascerò che la fervida immaginazione degli esperti “stupratori” della moderna Economia finanziaria, continui a dirci cosa sia giusto e cosa, invece, sia sbagliato per il “nostro bene” di contribuenti e di cittadini Europei.
A me interessa altro, ovvero prendere atto e ribadire, che tra il 15 e il 16 Luglio 2015, in quella che ci è stato insegnato esser stata la “culla della Democrazia”, proprio la Democrazia sia morta ammazzata, sacrificata sull’altare della Realpolitik, con il decisivo contributo di quel movimento, presunto illuminato, che avrebbe dovuto cambiare le cose negli ingessati Palazzi Comunitari, che porta il nome di Syriza.
Il caposaldo. Posto che il buon vivere civile, tanto tra vicini di casa, quanto tra Stati sovrani, non possa fare a meno del rispetto delle Regole, ritengo giusto chiarire che dovendo scegliere tra la visione di Berlino e quella di Atene, io non abbia tentennamenti nell’optare per la prima. Parimenti, dovendo scegliere tra libertà di “restare e morire” e libertà di fuggire con l’intenzione di restare in vita, io non abbia alcun indugio a decidere per la seconda. E’ una questione di priorità. Ed è proprio qui che sta il nocciolo della questione.
E’ noto che all’inflessibile Germania creditrice (e alla più “malleabile” Francia, ndr) non stia bene che la Grecia debitrice non abbia rispettato le regole di Bilancio imposte dai Trattati Europei, né che non abbia tenuto fede agli impegni presi per garantirsi sostanziosi aiuti internazionali. E’ noto altresì che alla stessa Germania, nonostante le dichiarazioni di senso contrario di Wolfgang Schäuble (nel gioco delle parti che lo contrappone alla più “morbida” Cancelliera Angela Merkel, in cui si agitano in maniera calcolata, “il bastone e la carota”, ndr), non stia affatto bene che la Grecia esca dall’Euro, per evidenti ragioni di salvaguardia del proprio Bilancio e del proprio Sistema Bancario.
Ciò spiega la Politica della ritorsione scelta dal “IV Reich Germanico”, riassumibile come segue: hai infranto le regole; ti lego al palo; ti bastono giorno e notte finché non mi avrai ripagato col tuo sangue.
E mentre il fato si compie, gli altri Paesi dell’Unione agiscono da comparse più o meno coscienti e coscienziose. Su tutti, ma non avrebbe potuto essere altrimenti, spicca il caso limite dell’Italia (prima, potenziale vittima sacrificale sulla lista, dopo un’eventuale Bancarotta della Grecia, ndr), in cui il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, da buon “Democristiano” d’altri tempi, non sa fare altro che ciondolarsi tra la fermezza Tedesca e la ricerca di un “compromesso a metà”. Come dire: “la scuola di Cerchiobottismo” buona non è, ma di certo ha saputo istruire al meglio l’ex Sindaco di Firenze…
Come nella più cinematografica sceneggiatura del “prendere o lasciare”, la sola via d’uscita per il Governo Greco passava per il discutibile Referendum voluto ad ogni costo per saggiare la rabbia della gente. Via d’uscita sicuramente criticabile sotto mille aspetti, che, beninteso, era stata comunque fatta propria da un Esecutivo nato e cresciuto grazie a una Maggioranza Parlamentare radicale e in un certo qual modo rivoluzionaria, eletta da un popolo disperato e che a fatica vorrei ancora definire “sovrano”…
Tradimento! Ciò, partendo dall’assunto che l’Istituto Referendario sia probabilmente la massima espressione del voto popolare, fors’anche più di quanto accada alle Elezioni. Insomma, il Referendum non ammette vie di mezzo o zone Grigie: è un colpo secco; o è Bianco o è Nero. Per questo, a fronte nel trionfo dell’intransigenza della gente, la retromarcia delle Istituzioni Elleniche rappresenta uno spettacolo ignobile e terrificante.
Tra il benestare a strappare le catene e a fuggir via dal carnefice e l’invito a sedersi definitivamente e seriamente al tavolo delle trattative ha prevalso il primo? Bene. Noi ci sediamo comunque, come bravi studenti, al tavolo dei potenti. Se prima era Populismo, adesso domina il non plus ultra della Demagogia e dell’Ipocrisia…
Abbiamo assistito all’ennesima buffonata inscenata da un Governo evidentemente incapace di andare oltre una “protesta fittizia”, alla modica cifra di 40 milioni di Euro (milione più, milione meno, ndr). Una buffonata utile comunque a veder confermata l’idea che l’errore più grande, fin dal principio, sia stato quello di mettere ad Alexis Tsipras un mantello da supereroe e di considerare l’ex-Ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, una sorta di esotico Economista, insofferente ai formalismi e dotato per di più di doti messianiche (chiaramente fasulle, ndr).
L’Altra Europa è sempre uguale. Ora, mentre con la “scusa” di non essere d’intralcio (ma non prima di aver definitivamente condotto la Grecia nella fogna, ndr) Varoufakis si è tirato fuori da ogni bega governativa (tanto per lui, parole testuali, c’è sempre una cattedra a portata di mano, ndr), Tsipras ha dovuto, o meglio ha voluto dare un taglio alle sue promesse elettorali, quando avrebbe potuto proseguire spedito nella direzione tracciata. Egli ha preferito cucirsi addosso un abito da Statista pronto a trattare, voltando le spalle ai cittadini e dando l’ulteriore prova che quando il Potere chiami, una comoda poltrona “risponda” o meglio corrisponda, su misura, sempre e comunque, alle proprie terga. Alla faccia del pugno alzato, delle bandiere rosse e delle bombe molotov!
Tra il 15 e il 16 Luglio è morta la Democrazia, non tanto per la minaccia di Tsipras rivolta al suo Parlamento che risuonava: “o votate il mio piano di tagli, o me ne vado” (come soltanto un bambinone sconfitto e burlato dalla sua stessa presunzione, deciso a lasciare il campo portandosi dietro il pallone, avrebbe potuto fare ndr), quanto per il rinvigorito Potere consegnato nelle mani della Germania, dell’Eurogruppo, della Troika e del Fondo Monetario Internazionale. Misfatto di cui i cittadini, non soltanto Greci, ma di tutto il Vecchio Continente, pagheranno per sempre le deleterie conseguenze.
“86 miliardi e uno, 86 miliardi e due… Nessuno offre di più? 86 miliardi e tre! L’Orgoglio della Grecia è venduto”! Tsipras ha avuto il merito di spaventare tutte le colpevoli Istituzioni Politiche e Finanziarie mondiali e nel contempo, ha avuto la possibilità di rinverdire il senso della parola Democrazia, rinunciano al maxi-prestito messogli sul piatto per ripagare i debiti, computati sui debiti, a copertura di altri debiti…
Tsipras ha avuto l’opportunità di realizzare le “conseguenze imprevedibili” e di entrare nei “territori inesplorati”, paventanti a più riprese dal Presidente della BCE, Mario Draghi. Invece ha deciso diversamente. Ha sbagliato. Ha perso. E ha probabilmente rinviato soltanto di qualche mese il Default tecnico del proprio Paese.
E che dire poi, del Rimpasto deciso per mettere alla porta i dissidenti, i non-allineati e gli oppositori interni al suo Governo? Sembra proprio un’epurazione bella e buona, improntata sul modello delle “Purghe Staliniane”. (Al riguardo, dove siano finiti i benpensanti che dall’Italia applaudivano all’innovatore Tsipras e che nel Parlamento di Roma puntavano il dito contro le espulsioni decise dal Movimento Cinque Stelle, non è dato sapere… Ndr).
Un mio caro amico è solito affermare: “Di che ti stupisci? Ormai è morta la Vergogna“… Una verità incontrovertibile che racchiude in sé l’opprimente “essenza dell’oggi” e che per quanto mi riguardi, esprime massimamente la personale idea riguardo al saccente Primo Ministro Greco.
Una verità che avremmo sottoposto volentieri all’assennata analisi di Tony Benn, uomo e di Sinistra e battagliero combattente asserragliato tra gli scranni, dopo aver visto un suo sciagurato “discepolo” fare tanto rumore per nulla… Mentre la suprema Democrazia, con le sue stesse mani, soffocava nella culla.
D.V.
Addendum. “Il dominio d’un buono si dice Regno e Monarchia. D’un malo si dice Tirannia. Di più buoni si dice Aristocrazia. Di più mali si dice Oligarchia. Di tutti buoni si dice Politia. Di tutti i mali si dice Democrazia”. (Tommaso Campanella)