“Naturarmente, la Dipromazzia è una cosa che serve a la nazzione pe’ conservà le bone relazzione, co’ quarche imbrojo e quarche furberia. Se dice dipromatico pe’ via che frega co’ ‘na certa educazzione, cercanno de nasconne l’opinione dietro un giochetto de fisonomia. Presempio, s’io te dico chiaramente ch’ho incontrato tu’ moje con un tale, sarò sincero, sì, ma so’ imprudente. S’invece dico: – Abbada co’ chi pratica… Tu resti co’ le corna tale e quale, ma te l’avviso in forma dipromatica”. Carlo Alberto Salustri “Trilussa” (La Diplomazia).

Sono le 2:00 del mattino del 15 Aprile 1986

Uno squadrone di F-111F Statunitensi, partito dalla base RAF Lakenheath in Gran Bretagna – supportato da caccia F-14A Tomcats e F-18A Hornets, da bombardieri “leggeri” A-6 ed A-7 e da velivoli “anti-radar” EA-6B Prowler, decollati dalle portaerei USS Saratoga, USS America ed USS Coral Sea, di stanza nel Mediterraneo – dopo un volo interminabile e consentito solo da un rifornimento multiplo in aria, identifica e centra parzialmente, gli obiettivi assegnati.

Nei cieli della Libia è in pieno svolgimento l’operazione “El Dorado Canyon”.

Chi l’avrebbe mai detto? A distanza di quasi venticinque anni, la Storia deve un attestato di riconoscenza al Presidente Statunitense Ronald Reagan, il “cow-boy della Politica a stelle e strisce”.

Non penso alle sue idee economiche tutte liberismo e “deregulation”, né al fatto di aver più o meno contribuito al crollo di un Comunismo già caracollante di suo, né infine, alla facilità con cui promosse e benedì azioni della CIA, oltre-confine, per scopi ed interessi su cui si potrebbe discutere una vita…

Mi riferisco invece, al fatto che quel giorno di Primavera, malgrado i “niet” di buona parte degli Alleati Europei – che negarono alle forze U.S.A. il diritto di sorvolo di spazi aerei determinanti, sia per la strategia, sia per il pieno successo tattico dell’attacco – egli decise che fosse venuto il tempo di eliminare Muammar Gheddafi e di liberare il mondo, finalmente, dal principale ispiratore del terrorismo internazionale. Raramente un atto di guerra fu tanto “illuminato”, a garanzia del comune futuro dei popoli.

Un tentativo che tuttavia, per “ragion di Stato e di Mercato”, non andò a buon fine e non venne replicato.

E come dimostrerà qualche anno più tardi, l’improvvida decisione di George Bush Senior di non deporre Saddam Hussein, a coronamento di “Desert Storm” e della Prima Guerra del Golfo, lasciare il lavoro a metà non è mai la scelta migliore, poiché, prima o poi, tutti i nodi tornano al pettine.

In effetti, oggigiorno la diplomazia internazionale è di nuovo alle prese con le bizze e le pretese del “Colonnello”. Tra un atto di prostrazione ed un attestato di sudditanza, diversi Governi “crociati” paiono essere rimasti folgorati da intenti di “perdonanza” di qualsivoglia misfatto o “marachella” del Raìs. Che sia forse giunta l’ora della famigerata ed enciclopedica “Pace nel mondo”? O che più probabilmente, i soliti interessi abbiano preso il sopravvento su ogni principio di salvaguardia della Democrazia e del doveroso rispetto che si deve alle tante vittime delle sfide ad orologeria di “matrice beduina”? Chissà come mai, ma l’odore di Gas Naturale ed il “luccichio” dell’Oro Nero mi fanno protendere per quest’ultima ipotesi.

Dopo tutto, la cronaca parla da sé. Venuto meno l’isolamento politico e con esso l’embargo economico che attanagliava la colonia Italiana d’un tempo che fu, è tutto un rincorrersi di accordi commerciali, contratti finanziari e Joint-ventures, tra ex nemici.

Non occorre rammentare, che solo poche settimane or sono, sia tornata alla ribalta la questione della precipitosa liberazione di Abdel Baset Ali al-Megrahi – il noto terrorista Libico scarcerato lo scorso anno dal Governo Regionale Scozzese, su pressioni di quello di Londra – per ragioni umanitarie. Ragioni che i fatti hanno invece dimostrato nascondere intenti puramente “commerciali” e che si sono risolte in nient’altro che una vile svendita della memoria dei morti di Lockerbie e del dolore delle rispettive famiglie. Una scarcerazione rapida e quasi inaspettata cui fece da contraltare un’accoglienza “eroica” avvenuta tra feste, canti e celebrazioni di Stato ordinate da “sua maestà” Gheddafi, per il disgusto e la somma irritazione di tanti cittadini, in Occidente, ma per il sicuro “compiacimento” di talune realtà imprenditoriali che “navigano” nel Petrolio e non solo (un nome a caso: la BP).

Non serve nemmeno tirare in ballo il contratto miliardario firmato ad inizio anno con la Russia del moderno “zar” e plenipotenziario Primo Ministro Vladimir Putin, per la fornitura di Sistemi missilistici a lungo raggio, di elicotteri e di moderni aerei da guerra. Insomma, se oltre vent’anni di restrizioni economiche avevano reso la Libia quasi inoffensiva, pochi mesi ne hanno risvegliato ed alimentato gli istinti bellicosi, rendendola nuovamente una minaccia.

E non vi nego, che se abitassi a Teheran quest’inspiegabile Politica dei due pesi e delle due misure, innanzi a situazioni di pericolo del tutto analoghe, m’irriterebbe parecchio. I soliti misteri della diplomazia, che “è meglio che il popolo non conosca” e che quotidianamente continuano a seppellire l’unica e doverosa Verità.

Il caso dell’Italia, come sovente capita, è alquanto indicativo. A due anni dal tanto declamato “Accordo di amicizia e cooperazione” tra Roma e Tripoli, fortemente voluto dall’attuale Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ci troviamo ancora a subire le prepotenze del dirimpettaio d’oltremare.

Già, perché, come se non bastassero il dissanguamento delle casse (vuote) del nostro Paese per risarcire discutibili danni di guerra, stimati chissà come e chissà da chi, oltreché le note e vendicative “repressioni” anti-Italiane del passato, il probabile coinvolgimento nella strage dell’aeroporto di Fiumicino del 1985, gli “Scud” lanciati su Lampedusa, i ricatti in tema d’immigrazione, i sequestri di navi mercantili, adesso ci tocca subire l’onta del mitragliamento ad “altezza d’uomo” di un peschereccio, battente bandiera Tricolore.

Oltretutto, sapere che ad aprire il fuoco sul motopesca Mazarese, Ariete, sia stata una delle 3 Motovedette “Classe Bigliani” omaggiate alla Libia dal nostro Esecutivo, giusto lo scorso anno e che a bordo di essa vi fossero anche dei Finanzieri Italiani, in qualità di osservatori, fa schiumare rabbia. Specie quando si consideri che, in base agli accordi, tali unità avrebbero dovuto essere impiegate, disarmate, per intercettare i barconi d’immigrati che ogni giorno cercano di lasciare le coste Africane. Non certo per sostenere, a suon di raffiche di mitraglia pesante, le pretenziose rivendicazioni libiche in materia di pesca e di sfruttamento dei fondali.

Forse è il caso di dire basta ad una certa “linea della morte” inventata di sana pianta, che facendo carta straccia del Diritto Internazionale, oltreché di quello della Navigazione, rende il Golfo della Sirte una privata proprietà Libica, interdetta a qualsivoglia imbarcazione.

E che non mi si parli di “Real Politik”, ne ho piene le scatole!

Il mio Paese, il nome del mio popolo, infangati e oltraggiati dalle prese in giro, dagli sberleffi e dai dileggi di un criminale, accolto dal mio Governo come un Dio, assieme ai suoi 30 cavalli berberi…

Atti che non dirimono e che anzi alimentano i miei personali dubbi, che nei giochi di guerra che trent’anni fa imperversarono sopra ad Ustica, portando al disastro del DC-9 dell’Itavia, ci sia stato, seppure in via indiretta, il suo zampino di nemico della mia Patria.

E’ innaturale e contrario all’idea stessa di “statismo” che non sia stato nemmeno ipotizzato il richiamo del nostro Ambasciatore per consultazioni urgenti. E’ vergognoso che nessuna condanna abbia tuonato dal “Palazzo”. E’ inconcepibile che si sia parlato di “semplice errore”.

E poi, scuse già presentate? E da chi? Non mi è parso di ascoltare alcuna presa di distanze dal misfatto, che provenisse dalla viva voce del dittatore. Eppure non dovrebbe costargli una gran fatica, visto che ad ogni suo sbarco in terra nostra, pretenda, Corano alla mano, di far proselitismo islamico corrompendo fanciulle dai facili costumi o dalla fervida immaginazione.

Ma forse è illogico inquietarsi nell’attesa che da Roma, qualcuno si alzi e batta i pugni sul tavolo, quando la parola d’ordine al momento, è far compravendita di voti in Parlamento…

Credo che allorché Silvio Berlusconi interverrà in Aula – il 28 Settembre o chissà mai, magari il 29, giorno del suo genetliaco – anziché chiedere una verifica di Maggioranza tirando in ballo questioni di Governabilità, dietro alle solite e sempiterne schermaglie elettorali, farebbe meglio a spiegare agli Italiani da dove derivi tanta ossequiosa magnanimità, verso un’azione d’intimidazione delle Autorità libiche, ai limiti dell’atto di guerra.

Muammar Gheddafi. Non dubito e non transigo, nell’affermare che mai un personaggio di tal risma potrebbe essermi “compare in affari” e men che meno amico. Né rinnego la speranza, che presto o tardi un “OK to proceed” risuoni nuovamente nello Studio Ovale, con l’intento di portare a termine il programma di “rieducazione” Reaganiana e di far “terra bruciata” di ogni pittoresca “tenda beduina”, montata nel deserto, tra Tripoli e Bengasi…

D.V.