“Questa è, secondo me, la grande eredità ideale che la Resistenza, anche quando i suoi eroismi saranno trasfigurati dalla leggenda, avrà lasciato al popolo italiano come viva forza politica del tempo di pace: il senso della Democrazia; il senso del Governo di popolo: del popolo che vuol governarsi da sé, che vuole assumere su di sé la Responsabilità di governarsi, che vuol cacciare via tutti i tiranni, tutti i padroni, tutti i privilegiati, tutti i profittatori, e identificare finalmente, in una Repubblica fondata sul lavoro, popolo e Stato. Se nel campo morale la Resistenza significò rivendicazione della ugual dignità umana di tutti gli uomini e rifiuto di tutte le tirannie che tendono a trasformare l’uomo in cosa, nel campo politico la Resistenza significò volontà di creare una società retta sulla volontaria collaborazione degli uomini liberi ed uguali, sul senso di autoresponsabilità e di autodisciplina che necessariamente si stabilisce quando tutti gli uomini si sentono ugualmente artefici e partecipi del destino comune, e non divisi tra padroni e servi (…) Quando per diventare direttore di una banca, o preside di una scuola, o socio di un’accademia scientifica, o componente di una commissione di concorso universitario è necessario aver la tessera del partito che è al governo, allora quel partito sta diventando Regime: allora la Politica, che è necessaria e benefica finché scorre fisiologicamente negli uffici fatti per essa diventa, fuori di li, un pretesto per infeudare la Società a una classe di politicanti parassiti; diventa una specie di malattia paragonabile all’arteriosclerosi perché impedisce quella circolazione e quel continuo ringiovanimento della classe dirigente, che è la prima condizione di vitalità d’ogni sana Democrazia (…) Se noi siamo qui a parlare liberamente in quest’aula, in cui una “sciagurata voce” irrise e vilipese venticinque anni fa le istituzioni parlamentari, è perché per venti anni qualcuno ha continuato a credere nella Democrazia, e questa sua religione ha testimoniato con la prigionia, l’esilio e la morte. Io mi domando, onorevoli colleghi, come i nostri posteri tra cento anni giudicheranno questa nostra Assemblea Costituente: se la sentiranno alta e solenne come noi sentiamo oggi alta e solenne la Costituente Romana, dove un secolo fa sedeva e parlava Giuseppe Mazzini. Io credo di sì: credo che i nostri posteri sentiranno più di noi, tra un secolo, che da questa nostra Costituente è nata veramente una nuova storia: e si immagineranno, come sempre avviene che con l’andar dei secoli la storia si trasfiguri nella leggenda, che in questa nostra Assemblea, mentre si discuteva della nuova Costituzione Repubblicana, seduti su questi scranni non siamo stati noi, uomini effimeri di cui i nomi saranno cancellati e dimenticati, ma sia stato tutto un popolo di morti, di quei morti, che noi conosciamo ad uno ad uno, caduti nelle nostre file, nelle prigioni e sui patiboli, sui monti e nelle pianure, nelle steppe russe e nelle sabbie africane, nei mari e nei deserti, da Matteotti a Rosselli, da Amendola a Gramsci, fino ai giovinetti partigiani, fino al sacrificio di Anna-Maria Enriquez e di Tina Lorenzoni, nelle quali l’eroismo è giunto alla soglia della santità. Essi sono morti senza retorica, senza grandi frasi, con semplicità, come se si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere: il grande lavoro che occorreva per restituire all’Italia libertà e dignità. Di questo lavoro si sono riservata la parte più dura e più difficile; quella di morire, di testimoniare con la resistenza e la morte, la fede nella giustizia. A noi è rimasto un compito cento volte più agevole; quello di tradurre in leggi chiare, stabili e oneste il loro sogno: di una società più giusta e più umana, di una solidarietà di tutti gli uomini, alleati a debellare il dolore. Assai poco, in verità, chiedono a noi i nostri morti. Non dobbiamo tradirli”. (Piero Calamandrei)
Incipit. Il dado è tratto. Com’è noto, il 26 Settembre u.s., il Consiglio dei Ministri ha deciso la data del Referendum “oppositivo”, fissando l’appuntamento con l’urna per il 4 Dicembre p.v. E sebbene la data fatidica non cada nel mese di Ottobre, come inizialmente ipotizzato, ma assai più in là – nella “Stagione Autunno/Inverno 2016” tanto desiderata dall’Esecutivo, impegnato follemente nella propria campagna promozionale – il mio obiettivo resta il medesimo. Inaggirabile, ineludibile, indifferibile…
Che sia il 4 Dicembre, o che fosse stato il 24, la risposta al quesito referendario sarà soltanto una: “NO”! Perché la Costituzione non si baratta con le smanie di Potere del “Presidente del Consiglio nostro malgrado”, già “Campione del Marketing di se stesso”, noto alle cronache, oltreché all’anagrafe, come Matteo Renzi, né può piegarsi alle pretese di un “Re senza Regno”, Giorgio Napolitano, di cucirsi addosso l’etichetta di novello “padre della Patria“.
Il “Riformismo pane e salame” e l’oltraggio della Ragione. Dopo oltre vent’anni di “Berlusconismo” credevo d’aver visto e sentito tutto. Come dire: figuracce internazionali; piagnistei diplomatici; farlocchi proclami rivoluzionari declamati a braccio, a mo’ di “ras” Sudamericano; lenzuolate di farò; farseschi contratti con gli Italiani; promesse, auspici e speranze, tutti inesorabilmente infranti contro il muro della realtà dei fatti. Eppure mi sbagliavo: non avevo fatto i conti col Renzismo…
Già! Perché sebbene l’ex-Cavaliere abbia rappresentato un’incongruenza morale e politica assurta inopinatamente al Vertice dello Stato, in un momento in cui proprio lo Stato, tra “mani (poco) pulite” e bombe mafiose, pareva essere svanito nel nulla; nonostante la chiave di volta del suo impegno parlamentare e governativo fosse l’esclusiva salvaguardia dei propri interessi e per quanto le sue pecche diplomatiche e le sue innumerevoli grane giudiziarie ne avessero fatto “la persona sbagliata seduta al posto sbagliato”… Devo ammettere, in tutta onestà e soprattutto in libertà di coscienza, che l’ex-Sindaco di Firenze ne abbia superato le gesta.
Per quanto mi riguardi, la flebile speranza che egli potesse rappresentare “il nuovo che avanza”, morì in culla, assieme a tutte le sue “sparate” sulla rottamazione, il giorno stesso in cui fu smascherato dai giornalisti, dopo il famigerato e tutt’altro che segreto “Pranzo di Arcore”. Non ho mai sopportato i furbastri, le persone poco “chiare” e men che meno chi si arrabatti a fare le cose di nascosto.
L’indiscutibile certezza che in realtà egli fosse “il nuovo che disavanza” mi pervase il giorno stesso in cui, tradendo la parola data, prima ancora che un compagno di partito, fece le scarpe a Enrico Letta, per poi accordarsi con Berlusconi sul principio delle pseudo-Riforme. Anche in questo caso, accordo valido giusto il tempo per defenestrarlo. Ciò, non perché avessi visto nella strana coppia Renzi-Berlusconi qualcosa di buono, né, certamente, perché io apprezzassi l’attendismo al limite dell’incapacità del “nipote di cotanto zio”, bensì perché trovo immondo venir meno alla parola data (“Enrico stai sereno”, ndr). Per inciso, l’impegno preso, per me, fa sempre il paio con la parola data.
L’impagabile conferma che egli fosse uno tra i tanti decisionisti di passaggio sulle “rovine d’Italia”, la ebbi a più riprese, a partire dalla formalizzazione del Mercato del Lavoro precario attraverso una normativa reazionaria chiamata Jobs Act, passando per i “magheggi” sul Sistema Bancario, per arrivare alle pretese di metter mano alla Legge delle Leggi… Ma soltanto per rispondere ad un preciso impegno preso con l’ex Capo dello Stato!
Certe “esperienze” politiche si commentano da sole. Citando Cicerone: “Farsi ingannare una volta è spiacevole, due volte stupido, tre volte vergognoso”…
Perché NO. “Italia, Patria mia. Che orgoglio e che fatica esser figlio tuo”… Indubbiamente, qualora dovessi decidere di vestire i panni di novello Ugo Foscolo, dedicando un’ode al mio Paese, credo che non potrei cominciare diversamente. Amo l’Italia, rispetto la sua Legge, ammiro la sua Storia, godo della vista della sua pur curiosa forma geografica che, si racconta, fosse tanto derisa da Napoleone Bonaparte, secondo il quale l’Italia non avrebbe mai potuto aspirare a diventare un’unica, grande Nazione (“è troppo lunga e stretta”, ndr). Un discorso a parte, invece, vale per gli Italiani… Perché con buona pace degli intendimenti e delle speranze di Massimo D’Azeglio, ad oggi va ancora plasmata una Comunità Nazionale che possa dirsi tale, senza rischiare di sbattere contro qualche campanile.
Ciononostante, negli ultimi settant’anni, la sola forza rigeneratrice ed unificante, ben oltre l’abusato e vilipeso Tricolore, è stata proprio la Costituzione Repubblicana. E’ questa la ragione principale per cui non accetto che, con le scuse più varie e banali, questo o quel Governo decidano di farne carta straccia per saziare le proprie utilità. Ed è questa la ragione per la quale, come ebbi modo di fare nel 2001, ai tempi dell’intervento sul Titolo V voluto da parte del Centro-Sinistra (con Giuliano Amato a Palazzo Chigi, ndr) e nel 2006, con la Devolution patrocinata da Silvio Berlusconi, ho alzato delle ideali barricate contro Matteo Renzi. Contro Renzi, voglioso di stravolgere la Sacra Carta, sbandierando gli “sbiaditi vessilli” della Governabilità, della Salvaguardia del Bilancio Pubblico e della modifica del Bicameralismo… Attraverso la realizzazione di un Senato ancor più “ammaestrato” dalla volontà dei Partiti.
Insomma, ogni Riforma decisa a tavolino da Maggioranze “minute”, raccapezzate e chiuse al dibattito, che punti a intaccare i principii democratici e la Libertà, mi vedrà sempre in prima fila a fare fronte in senso inverso.
Il “peccato originale” della “Riforma Boschi”, ovvero l’esser stata partorita “a colpi di maggioranza”, è insanabile. Ciò, proprio perché la Maggioranza che l’ha votata ha fatto orecchie da mercante alle proposte e alle richieste di modifica dell’Opposizione. Un’Opposizione, ben inteso, che a differenza dei fasulli “pesi parlamentari” attuali, rappresenta la reale Maggioranza del Paese.
E’ troppo facile, illogico e ingiusto che quando si parli della Legge Fondamentale della Repubblica, pochi personaggi di dubbia capacità, si chiudano nelle segrete stanze per decidere del futuro di tutti gli altri. Io non accetto che Denis Verdini “sieda” al fianco di Benedetto Croce e Piero Calamandrei!
Allorché si decida di mettervi mano, è doveroso che le proposte di ciascuno siano accuratamente esaminate, riviste, razionalizzate e ovviamente, accorpate. La base su cui poggia il “comune interesse nazionale” va sempre considerata nel presente, come dote del passato da lasciare in eredità al futuro.
Resistenza, “Rinascita Democratica” e… Non è un mistero che la Costituzione, base dell’Ordinamento Statuale impregnata sui valori della Resistenza, fu messa assieme dai nostri padri, pezzo dopo pezzo, affinché noi potessimo continuare l’opera di “ricostruzione”. Ironia della sorte, capita sempre più spesso che qualche “buontempone di Governo” tenti di strapparne via qualche “pagina”, richiamandosi a certe oscure velleità di Rinascita Democratica, frutto della fervida immaginazione di un fu “materassaio”, relegato alle pagine dei libri di Storia… Fortunatamente, fino ad oggi, quando sia stato necessario salvaguardare tale grandioso coacervo di diritti e doveri, il popolo non ha rinunciato facilmente alla propria Sovranità. Ma per quanto ancora ciò potrà accadere? Le generazioni cambiano e l’incultura cresce.
…Resilienza! Mentre nel persistere della Crisi dell’Economia reale e del Mercato del Lavoro, con i Ministri Pier Carlo Padoan, Graziano Delrio e Giuliano Poletti che disegnano cerchi nell’aria, piovono “mance e marchette” in materia d’imposizione fiscale, opere pubbliche, occupazione e pensioni, la cui copertura finanziaria, messa ulteriormente in conto ai contribuenti, è rinviata a “quando i fiori fioriranno”, lo prometto: “Io Voto No”!
Mentre per conto del “Governo delle idi di Marzo”, col suo faccino etero ed infingardo, che fa il verso alla Venere di Botticelli, Maria Elena Boschi fa la réclame alla devastazione della Costituzione che porta il suo nome, in giro per l’Italia e per il mondo, a spese dei contribuenti (come nel suo viaggio in quel Sud America che la Storia ricorda esser stato la culla delle peggiori dittature, oltraggiose dei Diritti, della Democrazia e della Vita, col patrocinio delle nostre Ambasciate, ndr), raccontando storie sulle dieci piaghe d’Egitto che toccherebbero all’Italia, in caso di sconfitta del Governo al Referendum, lo ribadisco: “Io Voto No”!
Mentre, perdente nei Sondaggi, Matteo Renzi persevera nella propria prevedibilissima inversione a U, nel tentativo di rimangiarsi in un sol boccone tutte le dichiarazioni sulle proprie, sicure dimissioni, in caso di batosta referendaria; mentre delega la propria immagine pubblica al guru della comunicazione, Jim Messina; mentre nella sua campagna elettorale sempiterna biasima l’altrui rinuncia alle Olimpiadi e rilancia nel mucchio la follia del Ponte Sullo Stretto; mentre offre in sacrificio l’Italicum (a suo dire la migliore Legge Elettorale possibile, ndr); mentre si dichiara disposto, per la somma “gioia” dei suo seguaci in seno al PD, a fare patti diabolici con gli elettori di Destra, giusto per vincere il Referendum, lo sottoscrivo: “Io Voto No”!
Mentre Giorgio Napolitano, Capo di Stato che ha voluto interpretare in modo tutt’altro che saggio le facoltà lui concesse dalle prescrizioni costituzionali, continua a lanciare minacciosi strali all’indirizzo di un elettorato ritenuto evidentemente sciocco e sprovveduto, “ordinandogli” di accettare l’inaccettabile, lo giuro, leale, sul mio onore: “Io Voto No”!
Se non ora, quando? Detto ciò, vedo forse nel responso del Referendum la via per dare una spallata all’Esecutivo in carica? Sì, assolutamente. Perché so per certo che fintantoché a Palazzo Chigi albergherà un “peronista dall’accento Fiorentino”, il doloroso strappo consumatosi tra la gente, tra pro e contro (o tra illusi e illuminati, se volete, ndr) resterà tale e quale. Assorbito l’urto e cancellato il trauma, si potrà ripartire con maggior carica. Perché la Politica è pur sempre compromesso, nell’accezione migliore del termine.
Ergo, non è più tempo di esitare ma di farsi avanti e di serrare le file! E’ imperativo difendere la Sacra Carta, prima fonte del Diritto, Legge delle leggi e baluardo dei nostri Diritti; è doveroso salvaguardare la Democrazia; è d’obbligo tener fede alla nostra comune Dignità… Ecco perché il mio “NO”, insieme a quello di tanti altri cittadini “illuminati”, renderà Giustizia, risuonando potente nel segreto dell’urna. Ne va del Futuro dell’Italia, con rispetto e reverenza verso il suo Passato.
Che l’inquilino prepari dunque le valigie, perché, “personalizzazione” o meno, al di là di un pur sempre possibile “salvacondotto” Presidenziale chiamato “reincarico”, ne avrà certamente bisogno. Quantomeno a livello morale…
Viva l’Italia!
D.V.
P.S. “I pertinaci sono i sublimi. Chi è soltanto audace non ha che un impulso; chi è soltanto valoroso non ha che un temperamento; chi è soltanto coraggioso non ha che una virtù; l’ostinato nel vero ha la grandezza”. (Victor Hugo)