“La verità è che molti italiani sono soltanto degli ottimi e incondizionati ammiratori: e questa loro tendenza è aggravata da quell’altra tendenza mirabilmente intuita da Bruno Barilli con queste parole che ricaviamo da un Suo vecchio scritto: «Gli italiani volano in soccorso del vincitore».” (Ennio Flaiano)
Ammettiamolo: nell’Italia gattopardesca cambia tutto, ma non cambia nulla. Mai e in nessun caso. Soprattutto in Politica, è vero, ma anche nel “sentimento” proprio dei due terzi degli Italiani, sempre pronti a chiedere e a prostrarsi; sempre in attesa del salvatore della Patria cui giurare “vantaggiose fedeltà”.
Ieri gli “unti del Signore” (in certi casi, più che altro, soltanto “Signori da ungere”, ndr) erano Craxi, Andreotti e Forlani. Poi venne Berlusconi. Oggi è Matteo Renzi. Sempre fermi a piagnucolare e dirsi pronti a lottare, gli Italiani: dei rivoluzionari da bar, dediti all’autoscatto… Uno sconvolgente e sconfortante spirito di “banditudine” dalle mille sfaccettature e dalle mille inutili pose, che non lascia speranza.
Per reazione la non-azione. Posto davanti al bivio, alla scelta d’immolarmi per degli smidollati, qualche tempo fa ho consciamente preferito un personale e temporaneo “Aventino”. Maturata la consapevolezza che la moltitudine non meriti alcunché, fuorché un calcio nel posteriore e un lavoro in miniera, mi sono dedicato un salutare confino lontano dalle beghe Italiche e dall’assordante e nauseante marasma quotidiano, che, lungi dall’essere una definitiva concessione alla rassegnazione, vuol essere un modo per ritemprare il mio animo guerriero e per rinverdire i battaglieri intendimenti della minoranza inquieta.
Meglio distrarsi guardando altrove, per un po’, raccogliendo spunti di riflessione dal tanto apparentemente dissimile mondo Anglosassone, che in verità tanto uguale finisce per essere, evitando i filtri e le censure imposti dai media di regime nostrani. Eppure, io sono e resto qua, con “penna e calamaio” a portata di mano, quali irrinunciabili mezzi con cui mettere nero su bianco gli spunti che cuore e mente mi regalano e che sovente rappresentano l’altrui sentimento. Perché dopo tutto, citando Luigi Einaudi: “Giornalisti sono tutti coloro che hanno qualcosa da dire o che semplicemente sentono di poter dire meglio o presentar meglio la stessa idea che gli altri dicono o presentano male…”.
Ei fu. Quando imbracciai la “spada” inchiostrata il mio intento era uno ed uno soltanto: indurre a pensare, a discutere e a questionare, partendo da punti di vista che avessero angolazioni diverse e scomode, rispetto a quelle dell’informazione ufficiale, che, salvo rare eccezioni, producevano e continuano a produrre il generale e futile vociare di un’opinione pubblica ammaestrata ad arte. Inutile dire che avessi anche un bersaglio prediletto, un “nemico” da combattere: il Potere Costituito, nella persona di Silvio Berlusconi… Sbugiardato, marchiato, additato, condannato… E pian piano silenziato. Sostituito da Monti, poi scalzato da Letta, a sua volta messo da parte con “tradimento Giudaico” da Matteo Renzi.
“Le cose che abbiamo in comune” cantava Daniele Silvestri. Indubbiamente, se il raziocinio m’assiste, al di là del fatto che il “Patto del Nazareno” sia vivo e che lotti contro di noi, o che invece sia morto, sepolto e resuscitato, è sbalorditivo notare quanto siano numerose le similitudini tra l’ex “Cavaliere pieno di macchie” e il “Campione del Marketing di se stesso”.
Stessa tendenza al decisionismo e all’autocompiacimento; stessa convinzione di essere dei profeti della Diplomazia, parlamentare, extra-parlamentare o internazionale che sia; stesso potere di far sogghignare e inquietare le Cancellerie di mezzo mondo, a giorni alterni, a causa delle loro scelte di Economia e di Politica Estera; stessa presunzione di possedere il potere taumaturgico di “sbloccare”, di “far ripartire”, di “rilanciare” il Sistema Paese; stessa capacità d’illudere i gonzi attraverso farseschi Bilanci Consuntivi del proprio operato (con o senza slide, ndr), in ossequio alla propria demagogica onnipotenza…
E ancora: stesso convincimento di dover esser simpatici a chiunque, perché, semplicemente, nella loro testa nulla di diverso è contemplato, concepito e tollerato; stessa idea di essere il miglior politico della storia d’Italia; stessa mania di vestire i panni del “Puparo” desideroso di muovere qua e là i propri pupazzi; stessa voglia di entrare a “gamba tesa” nella vita dei cittadini mediante la televisione… Specie di quella pubblica. Senza scordare, “pericoloso” punto a favore dell’attuale inquilino di Palazzo Chigi, la capacità di abusare dei social media, per invadere il “territorio” delle nuove generazioni di spiantati (ne è passata di acqua sotto ai ponti, dal “Gogol” di Berlusconiana memoria, ndr).
E ovviamente: stessa capacità di descrivere i fatti piegandoli alle proprie verità di comodo, grazie all’aiuto di giornalisti “portaborse”; stesso intento “punitivo” nei confronti dei Magistrati e stesse puerili velleità riformatrici dell’Ordinamento, incardinate su un perno chiamato Costituzione.
Ma anche diversi conflitti d’interesse, reali e potenziali…
L’orgoglio delle mani pulite. Per quanto mi riguardi, checché ne dicesse ieri Silvio Berlusconi e al di là di cosa ne dica, oggi, Matteo Renzi, nell’eterna lotta tra Politica e Magistratura io ero, sono e sarò al fianco di quest’ultima. Non foss’altro che per una semplice considerazione: la politica, essendo l’arte del compromesso, è anche l’arte dell’abuso istituzionalizzato che “coopta” il buon cittadino inducendolo a tuffarsi dal trampolino che porta dritti nel mare della disonestà e del “vilipendio” del Codice Penale. Come è solito affermare il giudice Piercamillo Davigo: “I politici non hanno smesso di rubare; hanno smesso di vergognarsi”. Insomma, è una questione che attiene alla mia personale morale e più in generale al mio innato senso di Giustizia.
Chi fa dell’onestà un vanto, dopo l’era di Tangentopoli confidava di aver visto, sentito e subìto tutto. Invece, dall’ascesa di Berlusconi alla presa del Potere di Renzi (passando per Prodi, D’Alema e via discorrendo, ndr) è stato tutto un crescere e prosperare di lobbisti e faccendieri vari. Sì perché, in Italia, si passa in un attimo dai “girotondi” ai “cerchi magici”. Basta uno schiocco di dita e qualche lucroso vantaggio…
Omnia veritas vincit. D’altro canto, puntando lo sguardo sull’informazione, oggi come ieri, non ho tentennamenti ad affermare che, contro la propaganda messa in atto da mezzi d’informazione compiacenti al limite del servilismo e contro gli attacchi diretti e diretti ai “detrattori”, rei di rifuggire il guinzaglio, io sia fermamente schierato con chi, battendosi per la libertà di critica, si trovi a vestire i panni di un bistrattato Don Chisciotte. I fatti non sono rappresentazioni teatrali, né dipinti celebranti i presunti fasti del committente, “signorotto” di turno.
Ieri il “centro del mondo” era Arcore, oggi, idealmente, è Rignano sull’Arno. Ciononostante, oggi come ieri, è meglio godere del dileggio riservato dalle falsità del Potere, che trotterellare a destra e a manca con una lingua ciondolante, sempre pronta a scivolare là dove non batte il Sole. Meglio i “cazzotti mediatici” di milleuno indigesti Travaglio che il “ronzio” di una sola, fin troppo comoda e accomodante Vespa… Anche in questo caso, è una questione che attiene alla mia personale morale e più in generale al mio bisogno di Verità.
Figli di Mussolini e di Licio Gelli. Più delle altre, è una cosa che accomuna Berlusconi e Renzi… E per quanto strano, non è la Ruota della Fortuna! Bensì il piglio dell’uomo forte che si fa largo a spallate tra la folla, per placare il suo ego. Il desiderio di essere riconosciuto dai posteri come “grande statista”, riformatore delle leggi e dello Stato. Dei moderni Giustiniano nei loro intendimenti; dei “figli” di Licio Gelli in un’evidente realtà dei fatti.
La comune voglia di “stracciare” la Costituzione a colpi di Maggioranza, cancellando un lavoro certamente perfettibile, ma partorito da menti illuminate in quota bipartisan (i Padri Costituenti, ndr), dà il senso di questa indubitabile certezza. Dieci anni fa la chiamavano “Devolution”; oggi, l’accozzaglia di “strappi” alla Sacra Carta non ha nomi altisonanti, fatta eccezione per una risibile “etichetta” con su scritto “Boschi”… Dieci anni fa a guidare la fronda era Forza Italia; oggi è un “reazionario” PD. Dieci anni fa il popolo disse No; oggi, chissà?
La nostra Costituzione. La Legge delle Leggi; la prima fonte del Diritto (e dei Diritti, ndr); la base del “tutto” del nostro Stato… Non ho lasciato fare al Centro-Destra allora e adesso dovrei lasciarla stravolgere da Matteo Renzi, Maria Elena Boschi, Anna Finocchiaro, Denis Verdini & Co., con la benedizione dell’ex-Presidente della Repubblica, oggi costoso Senatore a vita, Giorgio Napolitano? No, grazie. Ed asserendo ciò, spero che in un sussulto di dignità, i miei connazionali si schierino sull’analoga posizione. “Spero” perché in Italia ogni dubbio è lecito…
Vile Astensione. Nella sua sterminata critica a questa terra imbarbarita, tra l’altro, Ennio Flaiano ebbe modo di descriverla in maniera cinicamente illuminata con la frase: “L’Italia è un paese dove sono accampati gli italiani”. In effetti, guardando bene, il problema non risiede tanto e soltanto nel Vertice, quanto e soprattutto nella base. Io non credo al nesso di causalità in base al quale il “marcio” che affligge le Istituzioni si sia autonomamente originato nel Governo della Cosa Pubblica e che la “corruzione” di un popolo ne sia stata la naturale conseguenza.
In questa nostra morente Democrazia, credo che il problema sia nato sul fronte opposto, ovvero che dalla calcolata distrazione di una società individualmente interessata, priva di valori condivisi e del minimo senso di comunità, sia spuntato e cresciuto il cancro del malgoverno. Il “do ut des” ha creato il deserto e così come non accetto che si neghi questo “dogma”, non accetto che vi sia chi professi il non-voto come apatica soluzione a tutti i mali.
La sempre più scarsa Partecipazione agli appuntamenti elettorali è una pacchia per qualunque “ras” a capo del partito di maggioranza relativa, di oggi e di domani.
L’astensione è una scelta raccapricciante per le sue conseguenze deleterie sull’educazione del cittadino. E’ un fare terra bruciata della Storia. Ed è, parimenti, una scelta che lascia a chi la compia un indebito “diritto alla polemica” che non risolve alcunché e che anzi, amplifica lo sfascio del Sistema. Il caso del recente referendum abrogativo “sulle trivelle”, andato a vuoto per mancato raggiungimento del quorum, dopo che il Presidente del Consiglio, sulle orme di un certo Bettino Craxi, aveva indirettamente invitato ad “andare al mare”, è tristemente esemplificativo di ciò.
Un futuro senza un paracadute chiamato “quorum”. La cosa che mi conforta è che nonostante i già citati due terzi degli Italiani abbiano rinunciato al proprio “Diritto di Cittadinanza”, per sconforto e rassegnazione, per cieco disinteresse, per colpevole connivenza, o per semplice stupidità, facendo direttamente e indirettamente spallucce al sacco di un Paese, resti un benemerito 32,15% di elettori con cui ripartire. Un 32,15% con cui rifondare l’Italia, ponendo nuove basi su una distesa di macerie… Sicuri che d’ora in poi, nessuno si possa permettere il lusso di evitare l’appuntamento con le urne.
Grazie a quello zoccolo duro di cittadini retti e probi, con la tessera elettorale sempre pronta, resta viva la speranza.
La mia campagna per il Referendum confermativo del prossimo Autunno inizia ora… E non può non cominciare altrimenti, se non così come si concluderà: con un secco “NO” all’oltraggio della Storia della Repubblica, di ieri, di oggi e di domani.
D.V.
P.S.: che Matteo Renzi si attrezzi per trarne le dovute conseguenze… Preparando armi e bagagli, prima di sloggiare.