“L’ingratitudine è sempre una forma di debolezza. Non ho mai visto che uomini eccellenti fossero ingrati”. Johann Wolfgang Goethe
D’accordo, di fronte ai multiformi aspetti della vita, l’esperienza quotidiana dimostra che non sia giusto, onesto e tantomeno utile, fare di tutt’erba un fascio. Eppure talvolta, almeno in Italia, qualche eccezione è necessaria, finanche “doverosa”.
Già, perché, incredibile ma vero, quando si consideri un cittadino Italiano che “viva la Comunità” giusto il tempo necessario ad ottenere un vantaggio personale; che sia disposto a delegare ad altri l’onore e l’onere di “fare” per tutti; che abbia come attività principale quella di “vomitare” chiacchiere e promesse, o al più, di “etichettare” subdolamente chi abbia differenti punti di vista; che sia sempre pronto ad “appiattire” le proprie idee e i propri ideali su quelli distorti e corruttibili di una “maggioranza distratta” e che sia solito accettare di veder frustrate le peculiarità individuali, nel nome di fittizie comunanze di vedute di qualsivoglia fatto o evento, non si può sbagliare… Non ci si può riferire che ad un Politico.
Viste le premesse, è dunque tanto assurdo quanto fuorviante, che dalla folta schiera di Saltimbanchi che infesta le Aule Parlamentari del nostro Paese – come solo i ratti delle chiaviche sanno fare – sia giunta una “fiumara” di prediche e d’invettive contro le dichiarazioni rilasciate da un “Top Manager” dell’industria nazionale “privata” e le sue ipotesi di Strategia Industriale.
Mi riferisco, com’è ovvio, a quanto recentemente affermato dal CEO di FIAT Group, Sergio Marchionne, circa l’incidenza negativa dei dati di bilancio della produzione Italiana, su quelli “più che positivi” del bilancio consolidato del gruppo. Differenza dovuta, a suo dire, alle minori rivendicazioni salariali e alla maggiore produttività della forza lavoro d’oltre-confine. Parole dure e sprezzanti che si aggiungono a quelle tristemente note, che hanno “profetizzato” la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese ed il ridimensionamento di Pomigliano d’Arco e che rendono ancor più dure da mandar giù, sia le vicende sindacali dei tre operai di Melfi “reintegrati” dal giudice, sia il crescente scontro con la FIOM-CGIL sul rispetto del contratto di lavoro e sulla riforma dello Statuto dei Lavoratori.
Personalmente non condivido i modi bruschi e “velatamente” minacciosi con cui si contrappone alla “sua gente”… Così come ritengo ingiusto prendere lezioni di Economia, di Organizzazione Aziendale, di Diritto del Lavoro e addirittura di Moralità, da chi giustifichi i lati positivi della “fabbrica globalizzata” solo quando siano riferibili alla Dirigenza e all’Assemblea dei Soci.
E non posso accettare che adoperi le sue indubbie capacità di “guru” Finanza e dell’Amministrazione d’impresa, per rilanciare un pezzo di Storia Italiana, solo attraverso ragionamenti analitici su come spezzettarlo, dismetterlo, svenderlo, chiuderlo e delocalizzarlo, tralasciando invece tutto il fondamentale e prioritario “contorno” fatto di persone! D’altronde gli operai sono un invidiabile “bacino d’idee” – e non certo un “centro di costo” – da premiare equamente mediante un processo di compartecipazione aziendale, a dispetto di ogni sorpassato ed ingordo “egoismo di Borsa”.
Tuttavia, per quanto sia d’obbligo indignarsi, considerando tutta l’ingratitudine dimostrata all’Italia dall’attuale Deus ex machina del “Lingotto”, non foss’altro per tutte le variegate e costosissime forme di sostegno Statale regalategli negli anni (Cassa Integrazione “ad oltranza”, cementificazione “viaria” della Penisola, incentivi alla rottamazione, auto di Stato “col marchio Torino”, ecc. ecc…) ed “assorbite” dai contribuenti tricolori, è quantomai doveroso rammentare a certe “teste vuote” sia della Maggioranza di Governo, sia dell’Opposizione, che anche grazie alla loro passività di fronte alle scelte di privatizzazione dei diversi Esecutivi “multicolore” succedutisi negli ultimi vent’anni, il nostro Paese abbia depauperato un Patrimonio Industriale “pubblico” da far invidia, sia per la sua tentacolare vastità sia e soprattutto per la sua indiscutibile strategicità sociale ed occupazionale, oltreché prettamente economica.
Un “tesoretto” manifatturiero che garantiva la sicurezza del lavoro e la speranza nel domani, a milioni di cittadini, che aveva un solo grande difetto, quello di essere gestito malamente ed “interessatamente”, sulla scia dello scambio politico-imprenditoriale che sottintendeva. Una ricchezza che anziché essere rivalutata, spazzando via tutto il marcio che le si era accumulato intorno, fu pian piano dismessa, assieme ad ogni ipotesi d’imprenditoria di Stato, sulla strada che portava verso l’Unione Europea, nel nome del Neo-Liberismo predatorio e chissà mai, di qualche regalia tangentizia tuttora da scoprire e da indagare (questa si, materia per una Commissione d’inchiesta…).
Un’imprenditoria di Stato che oggi, alle prese con una Crisi Economica senza eguali, senza fine e che c’illudono stia finendo, proprio quando sta davvero per esplodere, farebbe senz’altro comodo. Altro che “carrozzone delle Partecipazioni pubbliche”, l’unica cosa da fare in “Terra Nostra”, a fronte della cronica mancanza di un Piano Industriale lungimirante ed anche minimamente efficace, sarebbe resuscitare l‘IRI…
Pertanto, prima di “suonare la carica” contro l’A.D. della Casa Automobilistica Torinese, sarebbe opportuno che a “Palazzo” facessero un bell’esame di coscienza e magari si stringessero un bel “cappio al collo” per i danni arrecati fino ad ora all’Economia Nazionale.
Innanzi all’infima “produttività” che notoriamente contraddistingue i gozzoviglianti “abitanti” degli scranni Parlamentari, pare quanto mai difficile comprendere con quale diritto e a che titolo, essi abbiano messo il naso in fatti riguardanti una Società Multinazionale che, come qualsiasi altra nel mondo, presti attenzione al Mercato e non certo ai temi etici e sociali. Fatti che nulla aggiungono a quanto già noto alle diseredate categorie operaie, in tema di sviluppo, d’occupazione e di diritti dei lavoratori.
Senza considerare poi, che tra le file dei critici e dei risentiti, alberghino anche certi improbabili personaggi, i quali, quando FIAT corse a “salvare” la Chrysler dal fallimento per la somma gioia di Barack Obama – e di migliaia di “tute blu a stelle e strisce” – giunsero quasi a consumarsi le mani a forza di applausi, gridando al “patriottismo d’impresa” e benedicendo i canoni del Capitalismo.
E’ la solita tristissima storia: la Classe Politica di Casa Nostra è sempre pronta ad indignarsi e a “fare le barricate”, ma solo a posteriori… Sempre capace di cavalcare l’onda emotiva dei problemi che affliggano la gente; sempre disponibile a farsi beffa dell’opinione pubblica in un eterno intermezzo tra un appuntamento elettorale e l’altro, che non regala nulla ai semplici…
Credo che chi sia chiamato a guidare il Paese, debba godere del dono della precognizione non certo del “pianto a comando”… Vestire i panni di “maestrini di retorica e polemica“ non serve a nulla, se non a mascherare la sempre più ingombrante incapacità del Vertice ad operare costruttivamente in favore della base. Le chiacchiere “postume” davanti alle telecamere non aiutano nessuno, eccetto le solite cricche di sciacalli.
Se solo i Governanti agissero con un barlume di generale senso del bene, anziché in base all’idea vigliacca del “meglio tardi che mai”… Se solo le questioni riguardanti la collettività, la loro comprensione, la loro prevenzione, la loro risoluzione, fossero gestite in maniera retta e costruttiva, piuttosto che affrettata ed “interessata”, saremmo davvero all’inizio di una nuova era di crescita economica e di pace sociale e verrebbe meno ogni pretestuosa e farsesca intromissione nei Consigli d’Amministrazione di chicchessia…
Se solo il “lume della Ragione” tornasse ad illuminare la via di quanti vedano nel proprio Potere Politico soltanto un mezzo per assicurarsi gloria eterna, oltreché un lucroso “vitalizio terreno”, non perderemmo tempo, né denaro, dietro a temerarie elucubrazioni su Marchionne “l’Americano”, su Marchionne “l’Italo-Canadese”, o su Marchionne “made in Swiss” e ci limiteremmo a vedere nelle sue poco sagge decisioni, niente più che l’ennesimo esempio di prostrazione alla fredda ed invereconda volontà dei Mercati.
Già, se solo così fosse… Allora, forse, potremmo smetterla di contare amaramente, i giorni che scandiscono una sterile vita fatta di flebile attesa e disincantata speranza.
D.V.