Credo di non essere il solo a pensare che le “pezze calde” applicate da tanti Governi, sui “dolori” causati dalla crisi economica globale, siano nient’altro che un farmaco paliativo ad effetto placebo, un blando sedativo fatto ingoiare a gente sempre più intimorita dall’oscuro futuro, sempre più prigioniera dell’amaro presente, sempre più malinconicamente rivolta ad un più lieto passato.
Insomma, sempre più… Disoccupata.
Quello che i Politici, i Potenti e i Manovratori del mondo insistono ad ignorare – attenti a non intaccare i rispettivi tornaconti – è che un Sistema Economico tal quale a quello che continua a franarci sotto ai piedi, non essendo mai stato il più efficiente e funzionale, non possa essere il “punto d’appoggio” dal quale risorgere.
Non vale l’imperativo patriottico: “consuma! Almeno l’economia cresce…”. Non deve più essere così, perché i problemi sociali, finanziari ed industriali fatti uscire dalla porta, un giorno rientreranno dalla finestra, amplificati negli effetti e con tutta la propria dirompente drammaticità.
Il Comunismo era un’utopia e perciò si è accartocciato su sé stesso. Il Capitalismo sta facendo la stessa fine. Perché? Beh, perché il Modello di Sviluppo migliore è come la verità: sta nel mezzo!
La soluzione a mio parere, si trova nella compartecipazione, nell’autogestione, ossia in un “nuovo” modello d’impresa – che poi tanto nuovo non è – che faccia forza sulla cooperazione tra individui. D’altronde, “il vino buono sta nella botte piccola”.
Il contrasto alla recessione non può avvenire grazie alle banche – che ostinatamente si continua ad “imballare” di denaro – e neppure attraverso il salvataggio di multinazionali eternamente in crisi. Da esse è partita la “vibrazione” che alla fine ha “ingolfato il motore”. Meglio dar credito alla genialità ed all’operosità delle persone.
E’ opportuno riformare e rivedere i codici e le antiquate leggi fallimentari, riducendo le tipologie societarie, semplificando le regole, ridisegnando le ipotesi di reato e ridando certezza alle pene. E’ indispensabile limitare il peso del capitale, rivalutando e premiando il lavoro, il “saper fare”.
E’ necessario raggiungere uno sviluppo equo, solidale, solido e reale e soprattutto che non dia più possibilità di falsare i meccanismi, di soggiogare il prossimo, di ridurre sul lastrico intere comunità (vedi junk-bond, derivati, mutui subprime, ecc…).
Bisogna reprimere quel parassitismo d’impresa che ha concesso a tanti colletti bianchi di “sporcarsi”…
Si dovrebbero “azzerare” le distorsioni di mercato legate all’intermediazione commerciale, abbattere gli attuali modelli impositivi e ricostruirne di più snelli ed efficaci, così da chiedere il giusto ai contribuenti e massimizzare l’impiego delle risorse disponibili.
Tentar non nuoce, anche perché peggio di così – seppur possibile – non è certo uspicabile…
…Sempre che non sia troppo tardi e che sia preferibile – come ipotizzato da alcuni – un ritorno all’economia del baratto, vista come la soluzione più utile all’uomo qualunque. Sarà mica per questo che risulti praticamente… “Vietata”?
D.V.