“Il lungo termine è una guida fallace per gli affari correnti: nel lungo termine siamo tutti morti”. John Maynard Keynes
Un tempo, parlando di Grande Depressione era certo il riferimento alla crisi economica del 1929, descritta per filo e per segno, nelle cause e nelle soluzioni, da ogni manuale di Macroeconomia.
Questo accadeva perlomeno, finché a guadagnarsi il “titolo” è giunta improvvisa, l’attuale situazione “congiunturale”.
Quello che stiamo vivendo, è probabilmente il peggiore ridimensionamento dell’Economia che l’uomo ricordi, anche perché è il primo che coinvolga pienamente, il moderno mondo globalizzato. Eppure ovunque ci si affanna a prospettare un’imminente “ripresa”, che a ben guardare appare latitante.
In effetti, non v’è giorno in cui i Governi, le Istituzioni Finanziarie Internazionali e le Agenzie di Rating non offrano in pasto ai media, le proprie previsioni di crescita e di uscita dalla recessione. Perseverare nelle Politiche di stimolo – affossando ulteriormente i bilanci Statali – o avviarsi verso una prematura Exit strategy? Questo pare essere il dilemma delle ultime settimane.
Da un lato gli ottimisti premono affinché si ridia fiato alle casse Statali – più o meno svuotate dal fiume di denaro riversato sui mercati, per evitare in primis il tracollo delle banche e quindi per aiutare le grandi imprese manifatturiere a non fallire – e si cominci a “ripagare” il debito accumulato, nel tentativo di evitare la totale implosione del moderno modello Capitalistico, dall’altro i pessimisti – o per meglio dire i realisti – che ritengono prematuro e dunque pericoloso, sia limitare il ricorso agli Investimenti Pubblici, sia procedere a scelte restrittive in materia di tassi d’interesse.
A tal proposito, ad inizio anno, la sorpresa è giunta dalla Cina. Il Governo di Pechino ha infatti deciso un rialzo imprevisto (…ma prevedibile) dei tassi sui titoli di debito a 3 mesi, dopo un calo costante dall’Agosto 2009. La scelta sarebbe stata dettata dalla volontà di tenere sotto controllo l’espansione del credito. Gli analisti invece, l’hanno intesa come il segnale che la Banca Centrale Cinese sia pronta ad adottare misure più energiche, per raffreddare la crescita e combattere l’inflazione, ad esempio aumentando i tassi di sconto.
La prospettiva che nel Paese Asiatico sia stata avviata una politica monetaria restrittiva, ha scosso i principali mercati azionari e si è riflessa sull’andamento dei prezzi delle materie prime. Si teme infatti, che tenendo a freno la crescita Cinese, nel medio periodo cali la domanda di acciaio, di rame e di tutte le altre risorse necessarie a sostenere lo sviluppo della terza economia del Pianeta.
Di fronte a tale reazione, le Autorità hanno spiegato che tale mossa punti a facilitare la gestione della liquidità, così da evitare che gli Istituti di credito riaprano la stagione del “credito facile”, come avvenuto ad inizio 2009. Semplice, no?
No! Purtroppo ormai nulla di quanto venga propinato all’uomo della strada, dai Guru dell’Economia, ha il pregio di essere semplice. Basta prestare orecchio ai consigli balordi che si sentono in giro, che invitano a restare calmi, a respirare a pieni polmoni il profumo dell’ottimismo e… Ad alimentare i consumi – spesso insensatamente – erodendo il risparmio o peggio, “finanziando” la spesa! Insomma, bolla speculativa che va, bolla speculativa che verrà…
Ci è stato insegnato che tra la ripresa del PIL e quella dell’occupazione corra, ad andar bene, un periodo di “sofferenza” di almeno 9/12 mesi… Questa teoria, che “andava per la maggiore”, a quanto pare dovrà essere cestinata, come tante altre che fino ad oggi parevano essere dei perfetti dogmi matematici.
La verità è che in base ai dati disponibili, nessun economista si prenda la briga di affermare se e quando i risparmiatori, i consumatori, la classe lavoratrice e più in generale le famiglie, potranno tirare un sospiro di sollievo e tornare a guardare al futuro senza troppi patemi d’animo.
Già, nessuno si sbilancia più di tanto, perché l’unica certezza riguarda la lunga e tribolata attesa che incombe su di noi, prima di risentir parlare di sviluppo.
Aspettando febbrilmente, che le “menti illuminate” che muovono la Politica Economica si accordino sul da farsi – lasciando da parte punti di vista contrapposti e giungendo ad un’efficace mediazione programmatica – sono giunte una dopo l’altra delle notizie che, come un terremoto, hanno fatto scricchiolare quel che resta dei mercati, vale a dire: il rischio di fallimento della Dubai World; il rischio di “default” della Grecia; il perdurare dei problemi finanziari dell’Islanda; ecc. ecc…
Oltretutto, una nota del FMI ha indicato che il peggio debba ancora arrivare. Evviva!
In tutto questo marasma, scandaloso per quanto farsesco, fa sorridere amaramente la scelta del periodico Statunitense Time, di eleggere il Governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, uomo dell’anno 2009, glorificando in tal modo uno dei Responsabili della “mancata” azione preventiva, che tentasse almeno di evitare il disastro dell’Economia U.S.A. e di conseguenza del resto del mondo. Non si può dimenticare che Bernanke avesse tutti i mezzi necessari per “puntellare il Sistema”, prima nei panni di “vice” di Alan Greenspan e poi come banchiere “supremo” dell’Istituzione Federale.
Nel nostro piccolo d’altro canto, tra una “sparata” e l’altra in materia di riduzione dell’imposizione fiscale, dovrebbe far riflettere lo scontro in atto tra la Banca d’Italia ed il Ministero del Lavoro, sul dato della disoccupazione “Tricolore”. Per Via Nazionale il valore corretto sarebbe del 10% – considerando sia la “falsa tutela” accordata a certi impieghi mediante la CIG, sia il numero di “scoraggiati”, ovvero le persone che abbiano rinunciato alla ricerca di un nuovo posto di lavoro – mentre per il Governo ci si attesterebbe attorno ad un più fantasioso 8%. In base al Bollettino Economico divulgato dalla Banca Centrale, oltretutto, l’incremento del Prodotto Interno Lordo per l’anno in corso non dovrebbe superare lo 0,7%. Insomma, apriti cielo!
Chissà perché, ma guardando fissa negli occhi la situazione personale di numerosi concittadini, propendo a dare maggior credito a quanto riferito dall’entourage di Mario Draghi, anziché a ciò che il Ministro Sacconi si ostini a declamare sulla pubblica piazza.
Come se non bastasse, a dimostrazione del triste stato delle cose, non può esser sottaciuta la discutibile iniziativa di alcune multinazionali di “levare le tende” dalla Penisola, delocalizzando all’estero i propri siti produttivi.
Ho in mente la FIAT, vale a dire un’azienda che storicamente ha sempre goduto della “socializzazione” delle proprie perdite (visto che tutti gli Esecutivi in carica, le hanno “spalmate” in qualche modo sul contribuente Italiano) e che gode grandemente della politica degli incentivi alla rottamazione dei veicoli, che con il piglio del peggior imprenditore anni ’50, ha espresso la ferma intenzione di chiudere l’impianto di Termini Imerese e di ridimensionare pesantemente quello di Pomigliano d’Arco. Davvero un bell’esempio di management “pane e salame”, che colpisce proprio due Regioni, Sicilia e Campania, ad altissima presenza di criminalità mafiosa, togliendo l’ultima possibilità di riscatto socio-economico, lasciando i lavoratori in mezzo ad una strada e costringendoli a riciclarsi nel sommerso, se non addirittura nell’illegalità.
Ho in mente anche l’Alcoa di Portovesme, il polo chimico di Porto Marghera, le piccole imprese familiari dei tanti “Signor Brambilla”, che in quel che resta del “ricco Nord-Est” rischiano di “saltare in aria” assieme alle proprie aziende, strozzate dalla mancanza del “doveroso” credito bancario e da una drastica riduzione delle commesse produttive.
Mi chiedo dove sia finito il potere d’imperio dello Stato Italiano e dove invece, il rispetto dell’art. 41 della Costituzione. Come si può essere tanto “coscientemente” ciechi, da non vedere che il baratro sia ad un passo?
Non sia mai che disoccupati, cassintegrati e disperati di ogni sorta, siano solo pura e semplice propaganda comunista…
…Ma si, deve essere senza dubbio così. D’altronde, stando alle affermazioni del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: “la ripresa c’è e sta dando segnali incoraggianti per il futuro del Paese”.
E queste non possono mica essere le solite “parole buttate al vento”, lontane dalla quotidianità della Nazione… Non possono mica essere sterili tentativi di auto-convincimento psicanalitico… Non possono mica essere dei mirabolanti miraggi dovuti ad un’incauta sovraesposizione solare fuori stagione…
Sono piuttosto il resoconto, di un’attenta analisi dei fatti e degli eventi dell’Economia e del Lavoro.
D.V.