“Chi gode d’una ferma autorità, presto apprende che è la sicurezza e non il progresso, la più grande lezione nell’arte del Governo”. James Russell Lowell
Era il 25 Aprile 1961.
A pochi giorni, dal fallito tentativo d’insurrezione armata contro il regime Rivoluzionario di Fidel Castro – organizzato da uno sparuto gruppo di esuli Cubani appoggiato dalla CIA – in quello che i libri di Storia avrebbero ricordato come “sbarco della Baia dei porci” (Bahía de Cochinos), l’allora Presidente Statunitense, John Fitzgerald Kennedy, decise la linea dura contro lo scomodo “vicino Comunista”, imponendo un embargo commerciale totale, che dura ancora oggi.
Seppure bisogna riconoscere, che la nuova linea politica adottata dall’attuale “inquilino” della Casa Bianca, Barack Obama, sia improntata ad un graduale “allentamento” delle sanzioni, in vista di una probabile “riapertura”, al formale cambio Governativo che avrà luogo solo con la morte del “Líder máximo”, malato da tempo immemore.
Giusto la scorsa settimana, l’Assemblea Generale dell’O.N.U ha approvato un’ennesima risoluzione che chiede a Washington di sospendere tutte le restrizioni economiche contro L’Avana. In effetti, analoghi documenti sono votati annualmente, ormai da decenni.
Prima che la discussione avesse inizio, il ministro degli Esteri Cubano, Bruno Rodriguez Parrilla, aveva affermato sconsolatamente: “dall’elezione del Presidente Obama, non c’e’ stato alcun cambiamento nell’embargo economico, commerciale e finanziario contro Cuba”.
Alla fine, si sono espressi favorevolmente 187 Paesi, 2 si sono astenuti, mentre hanno votato contro, i rappresentanti di Stati Uniti, Israele e… Palau.
“Carneade, chi era costui”?
Palau, che ai più potrebbe ricordare le splendide spiagge della nostrana Sardegna, è in realtà un’Isola-Stato, sita ad Est delle Filippine.
La sua improvvisa “venuta alla ribalta” sullo scacchiere mondiale, si deve al fatto che abbia accettato di ricevere sul proprio territorio 6 Cinesi di etnia Uighura, attualmente prigionieri nel Carcere speciale di Guantanamo, dove la passata Amministrazione a “Stelle e Strisce” di George W. Bush, impose il trasferimento e la permanenza – priva del riconoscimento di qualsivoglia diritto Costituzionale – dei presunti terroristi di Al-Qaeda catturati in ogni parte del mondo, nel dopo 11 Settembre.
Dopo ben 7 anni di detenzione, fatti di abusi, maltrattamenti e “waterboarding”, all’interno del famigerato “Camp Delta”, un Tribunale Federale, appoggiato dalla Corte Suprema, ha sentenziato l’insussistenza delle accuse di terrorismo e cospirazione che pendevano su di loro, imponendone la scarcerazione.
Dopo tale decisione, si è aperto un clamoroso dibattito circa l’opportunità di consentire ai 6 “ex terroristi” di permanere in libertà entro i confini U.S.A., vista l’impossibilità a rimpatriarli nella Repubblica Popolare, dove sarebbero soggetti a persecuzioni e scontata nuova incarcerazione, in relazione alla manifesta opposizione al Governo di Pechino, portata avanti dal popolo degli Uighuri nella regione dello Xinjiang.
La stessa Palau, sarebbe pronta ad accogliere altri 6 detenuti della stessa Nazionalità – dei 22 inizialmente presenti nella base Cubana della U.S. Navy – in vista della chiusura del carcere di massima sicurezza, prevista per il Gennaio 2010.
Se non fosse che giustizia e libertà, dopo tutto abbiano trionfato, ridando speranza ed opportunità a persone impropriamente accusate ed illegalmente incarcerate e torturate, riterrei che la coincidenza temporale tra i due eventi, finisca per dimostrare ancora una volta, la preminenza di oscuri interessi che si accompagnino allo “scambio politico-diplomatico” su scala Internazionale.
Dietro a declamate e meritorie esigenze di collaborazione tra Stati, dietro a sorrisi, strette di mano e conferenze stampa di facciata, stanno come d’uso, pure e perfette speculazioni di Potere.
D.V.