The art of defending great ideals and personal ideas, like a lighthouse in the storm...

The art of defending great ideals and personal ideas, like a lighthouse in the storm…

“Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances”. First amendment to the US Constitution – “Freedom of Religion, Speech, Press, Assembly, and Petition” – Passed by Congress September 25, 1789. Ratified December 15, 1791 (Note: The first 10 amendments form the Bill of Rights)

An interview with D.V. – By the Editorial Board.

So, here we are, three weeks later. First of all, allow me a personal question… We all know your name, but, for our readers, how can we call you? Can “senzavento” (English: windless) be good for you?

Well, first of all, I’d like to thank you for having decided to grant me the honour of a personal interview. Now, replying to your question, you can call me D.

OK, D. Could you kindly explain us what D.V. stand for? Do they represent the initials of a name? And what’s the reason why of your nickname “senzavento”?

Well, I don’t wanna give you a deep explanation of everything, for my safety and for yours, as well. Regarding the initials by which I’m used to signing my articles, you may consider the Latin formula “Dei Veritas”, or better, based on the norms of Latin grammar “Veritas Dei” (English: God’s Truth). Referring to my nickname… Have you ever seen a sail, during a dead calm? A horrible vision of what it could be and of what it is not. When I began to write, I swear to myself to blow in every single sail, “pushing the wind” of knowledge and reason, to the benefit of every interesting and apparently “windless” cause, that I could find on my path. That promise allowed me, till today, to analyze lots of political, economic and social matters, to reflect on them and to share my opinion with my readers. In fact, I strongly believe that our Society and our Community cannot grow up without comparing ideas and different points of view. Continua a leggere »

Firearms: the main problem for a problematic society. Is the right to keep and bear arms a modern right? Or is it just a legacy of the past which may generate violence? That's the point. Unfortunately, the American people are not willing to discuss each other, in order to find an acceptable solution.

Firearms: the main problem for a problematic society. Is the right to keep and bear arms a modern right, or is it just a legacy of the past which may generate violence? That’s the point. Unfortunately, the American people are not willing to discuss each other, in order to find an acceptable solution.

“A well regulated Militia, being necessary to the security of a free State, the right of the people to keep and bear Arms, shall not be infringed”. Second amendment to the US Constitution – “Right to bear arms” – Passed by Congress September 25, 1789. Ratified December 15, 1791 (Note: The first 10 amendments form the Bill of Rights)

In spite of everything I have to admit that I still consider the US the land of Freedom and Opportunity. I respect the American people.

Anyway, sometimes it’s not easy for me, to understand both sentiments and behaviors of American citizens. In example, from this side of the Ocean, it’s generally difficult to get the sense of the Gun Control debate that is flaming the souls within the 50 States and to justify the fight to protect the Second Amendment to the US Constitution. Continua a leggere »

Matteo Renzi

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi.

“La lumachella de la Vanagloria, ch’era strisciata sopra un obelisco, guardò la bava e disse: Già capisco, che lascerò un’impronta ne la Storia”. (Trilussa)

Incipit. “Caro Matteo Renzi, sulla falsariga di quanto fatto con il Decreto Salva Banche, come mai non è stato così sollecito nell’emanare un atto normativo che impedisse ai partiti, con la sola eccezione del M5S, di auto-omaggiarsi di una pluri-milionaria, indebita “tredicesima” di fine anno messa in conto ai contribuenti? Possibile che l’Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati sia stato così insolente ed ingordo, senza che Palazzo Chigi abbia avuto qualcosa da ridire? Possibile che non abbia avuto modo di dare un colpo di telefono a Laura Bordini, Signora Presidente di quel ramo del Parlamento, tanto vicina emotivamente, a suo dire, ai piccoli investitori rimasti schiacciati dagli infausti eventi? Non è che il suo duplice ruolo di Capo del Governo e di Segretario del PD l’abbia indotta a guardare altrove, mentre il tesoriere già faceva i conti”? 

Rammenti: che si chiami ‎Finanziamento Pubblico, Rimborso Elettorale, contributo politico, liberalità, regalia, sottrazione indebita, furto, o rapina, non cambia alcunché… Sempre Denaro dei contribuenti è! Detto ciò, attenderò confidente una sua esaustiva risposta che, ovviamente, non esiste (il solo tentativo di trovarne una, rappresenterebbe un inutile arrampicarsi sugli specchi, ndr). Continua a leggere »

Il vessillo "guerriero" della Serenissima Repubblica di Venezia, che la Storia racconta essere stata il bastione contro l'avanzata Islamica verso l'Europa, guidata dall'Impero Ottomano.

Il vessillo “guerriero” della Serenissima Repubblica di Venezia, che la Storia racconta essere stata il bastione contro l’avanzata Islamica verso l’Europa, guidata dall’Impero Ottomano.

“Ogni Veneziano della flotta sapeva che gli Ottomani stringevano d’assedio la città di Famagosta a Cipro. La capitale dell’isola, Nicosia, era caduta pochi mesi dopo l’invasione avvenuta nel Luglio 1570. Ventimila abitanti massacrati quando le truppe Turche dilagarono in città, e il resto degli isolani si sottomise per evitare lo stesso destino. Solo la piccola città di Famagosta rifiutò di arrendersi e resistette, nella speranza di ricevere soccorsi via mare. Poche ore dopo la caduta di Nicosia, i cavalieri Turchi giravano intorno alle mura di Famagosta, sbeffeggiano gli abitanti con le teste dei cittadini più in vista di Nicosia infilzate sulla punta delle lance. Ma il governatore di Famagosta, Marcantonio Bragadin, aveva preparato il suo comando a resistere a un lungo assedio e si capì subito che la città non avrebbe ceduto, nonostante l’esempio spaventoso del destino di Nicosia. All’inizio della primavere del 1571 più di 100.000 Turchi si raccolsero intono a Famagosta. Sembrava difficile che potesse resistere a lungo. Ma per quattro mesi i 4.000 difensori respinsero ogni assalto fino a che nel Luglio 1571 gli attaccanti riuscirono ad aprire delle brecce in sei punti delle mura, mentre le truppe della guarnigione di difesa erano ridotte ormai agli ultimi barili di polvere da cannone. Davanti alla prospettiva di una sconfitta ormai certa, Bragadin cercò una resa onorevole. I termini concordati il 1° Agosto con il comandante Ottomano, Lala Mustafa, furono insolitamente favorevoli: i Veneziani ottennero protezione per i cittadini superstiti, mentre la guarnigione sarebbe stata evacuata e trasferita nell’isola Veneziana di Creta. I Turchi avevano perduto più di 50.000 uomini nelle operazioni  per conquistare Nicosia e Famagosta. I termini dell’accordo erano generosi, soprattutto tenuto conto dei massacri di Nicosia. Il 4 Agosto Lala Mustafa convocò Bragadin e il suo seguito al proprio campo. Il governatore Veneziano, vestito della toga purpurea dei senatori, uscì a cavallo da Famagosta sotto un parasole decorato (contro i raggi infuocati) alla testa dei suoi ufficiali e con una guardia del corpo di quaranta archibugieri (…) Nel corso dell’incontro, il capo Ottomano lo accusò di aver rotto l’accordo per la resa della città, e chiese degli ostaggi. Bragadin rispose che questo non era nei patti. Quindi, a un segnale precedentemente concordato, alcuni giannizzeri si precipitarono nella tenda e sopraffecero i Veneziani. All’esterno, la scorta del senatore era già stata disarmata (…) Gli Ottomani di solito ripagavano la resistenza con la morte, e che ai difensori della città fosse consentito di ritirarsi con le loro armi in pugno e le bandiere al vento non aveva quasi precedenti. In occasioni analoghe gli Ottomani avevano invariabilmente massacrato o ridotto in schiavitù il grosso dei prigionieri, risparmiando solo i pochi per i quali poteva essere pagato un riscatto, o qualcuno che potesse portare indietro ai loro nemici e notizie terrificanti (…) A Famagosta i Veneziani stavano interpretando un ruolo lugubre ma di cui erano perfettamente consapevoli in un cruento dramma tradizionale (…) Gli ufficiali e il seguito di Bragadin furono decapitati davanti a lui, sicché il rivolo di sangue scorrendo sopra il suolo secco e indurito andò a lambire i suoi piedi. Poi, lui stesso fu sfigurato ritualmente, gli furono tagliati naso e orecchie come un criminale comune. Medici dell’esercito Turco (…) si accertarono che le ferite non si infettassero. Bragadin fu curato (…) in modo che recuperasse le forze. Intanto, i suoi soldati superstiti (…) furono presi e fatti schiavi, incatenati mani e piedi ai remi nelle galee Ottomane. L’atto finale fu inscenato per dileggio nei confronti dei Veneziani e per spogliare il loro comandante di tutti gli attributi di nobiltà (…) Bragadin fu condotto davanti ai soldati rivestito ancora della sua toga di senatore. Costrettolo carponi sulle mani e le ginocchia, gli fu messa addosso una sella di mulo, con le briglie e il morso in bocca. Appese alla sella, gli furono caricate due pesanti ceste piene di terra, in modo da essere piegato sotto la soma. Quindi fu costerno a trasportare la terra per riparare le brecce aperte nel terrapieno dai cannoni Ottomani (…) frustato e insultato (…) davanti alla tenda del comandante Ottomano era obbligato a prostrarsi e a mangiare un boccone di terreno secco (…) Fu messo a penzolare in catene, senza naso e orecchie, e lasciato lì a torcersi sotto il Sole infuocato (…) fu condotto alla piazza del mercato, dove fu legato e frustato pubblicamente in modo che tutta la popolazione di Famagosta fosse testimone della sua umiliazione. Quindi, nel primo pomeriggio, dopo averlo “appeso per i piedi come una pecora”, un macellaio Ottomano cominciò lentamente a scorticarlo vivo, facendo attenzione a rimuovere la pelle senza che si lacerasse. La cronaca racconta che Bragadin morì quando il coltello dello scorticatore raggiunse l’altezza dell’ombelico. Completato l’orripilante lavoro, il macellaio grattò la pelle per ripulirla dal grasso. Lala Mustafa e le sue truppe seguirono tutta l’operazione in silenzio. Il giorno successivo la pelle di Bragadin fu imbottita di paglia ed elegantemente cucita come una enorme bambola. Montato sul suo cavallo, il simulacro di Bragadin fu fatto sfilare per le strade sotto il parasole senatoriale, in una parodia della sua partenza dalla città (…) Fu quindi appeso al pennone estremo della galea di Lala Mustafa, ed era ancora lì ciondolante come una bandiera, ma oramai scurito dalla lunga esposizione, quando il trionfante conquistatore di Cipro ritornò nelle acque del Corno d’Oro. La sua destinazione finale fu la galea prigione di schiavi a Costantinopoli, dove rimase appeso come muto ammonimento a chiunque pensasse di resistere o di ribellarsi”. (tratto dal libro “Infedeli. 638-2003: il lungo conflitto fra Cristianesimo e Islam”, di Andrew Wheatcroft). Continua a leggere »

Oriana Fallaci, fu giornalista, scrittrice, libera osservatrice del mondo. Nonostante vi sia ancora chi la veda come il "Diavolo fatta persona", cresce la schiera di chi rimpianga di non averne compreso appieno e a tempo debito, le idee e gli insegnamenti. "Nemo propheta acceptus est in patria sua"... Soprattutto, in Italia.

Oriana Fallaci, fu giornalista, scrittrice e libera osservatrice del mondo. Nonostante ancora oggi, a quasi dieci anni dalla scomparsa, vi sia ancora chi la veda come il “Diavolo fatto persona”, cresce la schiera di chi rimpianga di non averne compreso appieno e a tempo debito, le idee e gli insegnamenti. “Nemo propheta acceptus est in patria sua”… Soprattutto, in Italia.

“Anziché «figli di Allah» in Italia li chiamano «lavoratori stranieri». Oppure «manodopera di cui v’è bisogno».E sul fatto che alcuni di loro lavorino, non v’è alcun dubbio. Gli italiani son diventati talmente signorini (…) Non puoi più associarli al proletariato, insomma, e qualcuno che lavora per loro deve pur esserci. Ma quelli di cui parlo, che lavoratori sono? Che lavoro fanno? In che modo suppliscono al bisogno della mano d’opera che l’ex proletariato italiano non fornisce più? Bivaccando nella città col pretesto della merce da vendere, droga e prostitute incluse? Bighellonando e deturpando i nostri monumenti? Ubriacandosi sui sagrati delle chiese, dicendo oscenità alle antiche signore che camminano per strada, agguantandogli il seno, «conosco i miei diritti»? (…) E sbaglia chi la prende alla leggera o con ottimismo. Sbaglia, in particolare, chi paragona l’ondata migratoria che s’abbatté sull’America nella seconda metà dell’Ottocento. Anzi verso la fina dell’Ottocento e all’inizio del Novecento. Ora ti dico perché (…) Nella seconda metà dell’Ottocento l’ondata migratoria in America non avvenne in maniera clandestina e per prepotenza di chi la effettuava. Furono gli americani stessi a volerla, sollecitarla. E per un preciso atto del Congresso (…) Ch’io sappia, in Italia non c’è mai stato un atto del Parlamento che invitasse anzi sollecitasse i nostri ospiti a lasciare i loro paesi. (…) Da noi ci sono venuti e vengono di propria iniziativa con le maledette navi, coi maledetti gommoni, e nonostante i finanzieri che cercano di rimandarli indietro. (Ora, no. Per non passar da razzisti ora vanno addirittura a raccattarli, prendere i pargoli in braccio. Anziché finanzieri sembrano Dame della San Vincenzo de’ Paoli a cui manca solo il cappellino con la veletta). Più che d’una emigrazione s’è trattato dunque d’una invasione condotta all’insegna della clandestinità. Una clandestinità che inquieta perché non è pacifica e dolorosa come quella dei nostri emigranti d’un secolo fa. E’ tracotante, prepotente, e protetta dal cinismo dei politici che chiudono un occhio. Magari tutti e due (…) C’è il declino dell’intelligenza. Quella individuale e quella collettiva. Quella inconscia che guida l’istinto di sopravvivenza e quella conscia che guida la facoltà di capire, apprendere, giudicare, e quindi distinguere il Bene dal Male (…) Siamo meno lucidi, meno svegli, di quando non avevamo quel che serve o dovrebbe servire a coltivare l’intelligenza. Cioè la scuola accessibile a tutti anzi obbligatoria, l’abbondanza e l’immediatezza delle informazioni, l’Internet, la tecnologia che rende la vita più facile. (…) Quando questo bendiddio non esisteva, bisognava risolvere tutto da soli. Quindi sforzarci a ragionare, pensare con la propria testa. Oggi no. Perché anche nelle piccole cose quotidiane la società fornisce soluzioni già pronte. Decisioni già prese. Pensieri elaborati confezionati pronti all’uso come cibo già cotto. (…) Ergo, la gente non pensa più. O pensa senza pensare con la propria testa. (…) Per ragionare su ciò che vedi, che ascolti, che leggi, ad esempio. Per sfruttare il tuo cervello nel campo delle idee, della coscienza, della morale. Per accorgerti che qualcosa di ciò che vedi e ascolti e leggi non va, nasconde un inganno o un’impostura. Invece no. Non lo fai perché… Perché il cervello è un muscolo. E come ogni altro muscolo ha bisogno d’esser tenuto in esercizio. A non tenerlo in esercizio impigrisce, si intorpidisce. (…) E atrofizzandosi diventa meno intelligente, anzi diventa stupido. Diventando stupido perde la facoltà di ragionare, giudicare, e si consegna al pensiero altrui. Si affida alle soluzioni già pronte, alle decisioni già prese, ai pensieri già elaborati confezionati pronti all’uso. Alle ricette che (…) l’indottrinamento gli somministra attraverso le formule del Politically Correct. La formula del pacifismo. La formula dell’imperialismo. La formula del pietismo, la formula del buonismo. La formula del razzismo, la formula dell’ecumenismo. La formula anzi la ricetta del conformismo cioè della viltà. (…) E niente è più indifeso quindi più malleabile e manipolabile d’un cervello atrofizzato, d’un cervello stupido, d’un cervello che non pensa o pensa coi cervelli altrui. Puoi ficcarci tutto, lì dentro. Dal Credere-Obbedire-Combattere alla verginità di Maria. Puoi fargli credere che Cristo era un profeta dell’Islam, che aveva nove mogli e diciotto concubine, che predicava l’occhio per occhio e dente per dente, e che morì ottant’anni di raffreddore. Puoi convincerlo che Socrate era un siriano di Damasco, Platone un iracheno di Bagdad, Copernico un egiziano del Cairo, Leonardo da Vinci un marocchino di Rabat, e che tutti e quattro avevano studiato all’Università di Kabul. Puoi raccontargli (…) che la cultura islamica è una cultura superiore, e che senza di essa l’Occidente non esisterebbe. Puoi dagli da bere che il multiculturalismo e l’imperativo categorico di cui parlava Emanuele Kant, che nel Corano sta la nostra salvezza, che le bandierine arcobaleno sono simbolo di pace le persone come me simbolo di guerra. Non essendo più capace di pensare con la propria testa (…) quel cervello accetterà ogni bugia o stoltezza senza reagire. La immagazzinerà e la disputerà col medesimo automatismo (…) Atrofizzato e basta? Dovrei dire lobotomizzato. La lobotomia è una castrazione mentale. Consiste nel recidere le vie nervose che controllano i processi cerebrali… Chi subisce la lobotomia smette di pensare ciò che potrebbe pensare, diventa docile strumento nelle mani di chi pensa per lui. E se chi pensa per lui è a sua volta lobotomizzato, buonanotte al secchio”. (Oriana Fallaci) Continua a leggere »