“Il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che, nel nome della carità e della buona volontà, conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre, perché egli è, in verità, il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare e infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore, quando farò calare la mia vendetta sopra di te”! Ezechiele, 25:17.
Partiamo dal principio.
New York, 11 Settembre 2001. Tra le 8:46 e le 9:03 del mattino, due aerei si schiantano in rapida successione sulle Twin Towers. E’ il panico, è l’orrore, è l’apocalisse…
Incredulo, con gli occhi sbarrati e con un “groppo in gola”, il mondo osserva in silenzio l’infinita diretta televisiva che descrive il dramma che si compie e quando l’ipotesi dell’incidente aereo lascia il posto alla consapevolezza che si tratti di un atto terroristico portato al cuore dell’America, la paura diventa l’unica certezza.
A Washington, colti di sorpresa e travolti dagli eventi, comprendono subito, ma a fatica, di essere diventati un facile bersaglio.
Torniamo ad oggi, dieci anni dopo.
Quel giorno rappresenta di fatto, l’Alfa e l’Omega del mondo di oggi. Di quanto fu e di quanto da lì in avanti, semplicemente, “è”…
In effetti, sebbene dieci anni sembrino tanti, è indubbio che le conseguenze di quell’accadimento infausto ed infame, ci coinvolgano e ci sconvolgano tuttora, nell’indicibile e ovvia consapevolezza, che nulla sarà mai come prima. D’altronde “Ground Zero” sta lì a dimostrarlo.
Già, nulla è più come prima, non foss’altro che per l’inquietudine e il senso di pericolo e d’insicurezza imperante che ci rovina la vita, oltreché per gli infiniti conflitti armati che ci tormentano e che rappresentano un retaggio di talune scelte forse improvvide e di certo “interessate” che seguirono e che in un tremendo “uno, due” coinvolsero l’Afghanistan dei Talebani prima, e l’Iraq di Saddam Hussein poi, col dichiarato intento di portare la “Guerra al Terrore” ovunque fosse necessario per snidare il riconosciuto Responsabile dell’attentato, Osama Bin Laden e per far terra bruciata della sua organizzazione terroristica, Al-Qaeda.
Al riguardo, bisognerebbe chiedere tanto a George Bush padre, quanto a George Bush figlio, quanto e in che modo, gli affari di famiglia abbiano tratto vantaggio dal trasformare un “ex socio” in “nemico pubblico n.1”, specie adesso, che la cronaca ci racconta della sua uccisione per mano dei NAVY SEALs, nella città Pakistana di Abbottabad.
Comunque sia, qualunque sia la “verità più vicina al vero” e al di là di tante dietrologiche scorciatoie, tutte complotti e supposizioni, la questione pare ormai chiusa (perlomeno dal punto di vista della Pena, inflitta e “consumata” lontano dall’ingombrante burocrazia di un “giusto processo”, all’ideatore dell’Inferno del World Trade Center).
Mentre è tutto un susseguirsi di indiscrezioni attorno agli “steps” dell’operazione “Geronimo” e prima che l’effetto Presley prenda piede e ci parli di Osama vivo e vegeto a Quetta, a Kandahar, o tra le montagne di Tora Bora, tanti dubbi e poche certezze paiono prender piede.
Dubbi che mi portano a ritener menzogna la rassicurazione di non aver compiuto, né più né meno, che una fredda esecuzione, già nei primi momenti dell’assalto alla casa dove Bin Laden si nascondeva e che il suo corpo sia stato “disperso” in mare, anziché “imbalsamato” e condotto in qualche laboratorio del Dipartimento della Difesa Statunitense come trofeo di guerra.
Certezze che m’inducono a ritenere che sia stato creato un nuovo martire in favore della causa jihadista planetaria, cancellando colui che rappresentava ormai null’altro che un “simbolo”.
E mentre la folla si eccita, assaporando l’illusione di rivalsa sull’assassino e mentre i mass-media si attardano a parlare di “bunker” e di “compound”, quel che resta è appena qualche consunto video, di un uomo costretto come un topo in gabbia e condannato a vivere le “emozioni in VHS” delle folli gesta compiute in “gioventù”…
Innanzi al calendario che “spunta” i giorni che ci separano da Settembre e dal decimo anniversario di “NY 9/11”, non ho alcun dubbio: crescerà il livello di allarme, crescerà l’esasperazione e cresceranno le paure, fino al prossimo botto epocale… Dopodiché, ancora una volta ci si domanderà dove cominci la causa e dove invece l’effetto, nello specifico, dell’esecuzione di Osama Bin Laden.
Frattanto, mentre prosegue la caccia ad Ayman al-Zawāhirī (già da tempo sospettato di esser assurto alla leadership di Al-Qaeda) e agli altri componenti della “Shura” che dirige l’Organizzazione, appare evidente che il “sacrificio” dello Sceicco (il cui covo chissà da quanto era noto) sia stato accettato dal Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, per “gentile intercessione” della CIA di Leon Panetta, lungo la strada che conduce dritti alla sua rielezione.
Giustizia, Verità, Vendetta, Premio Nobel per la Pace? Macché! Ciò che pare andare per la maggiore nello “Studio Ovale” è molto più semplicemente il motto “meglio rimorsi che rimpianti”. Dopo tutto, se “Parigi val bene una messa”, figurarsi altri quattro anni alla Casa Bianca. Al riguardo, attenderò con ansia, i “cables” che da qui a qualche tempo, ci saranno “regalati” da Wikileaks e dal suo mentore, Julian Assange (sempre più col “dente avvelenato” verso l’Amministrazione Obama, desiderosa di ridurlo al silenzio tra le mura di un Carcere Federale), o l’ennesimo documentario di “denuncia del Sistema” di Michael Moore.
Questo è quel che chiamo “lato oscuro” della Politica. Ogni questione, qualsivoglia ideale, è sempre e solo un gioco, o meglio, un “Intreccio di Poteri”, che non fa sconti, che non perdona e che di certo, non fa prigionieri…
D.V.