“Chiare , fresche et dolci acque…”. Francesco Petrarca
- “A” come acqua: l’unico bene che sia anche un diritto irrinunciabile, inalienabile, ed universale. L’unico bene assoluto che come tale dovrebbe essere indisponibile al “puro commercio” e che non dovrebbe avere alcun prezzo che non fosse un “prezzo politico”. L’unico bene che sia in grado di portare la vita là dove sia il deserto…
Della recente approvazione del “Decreto Ronchi” riguardante la riforma dei servizi pubblici locali, tra cui la gestione dell’acqua, si è ampiamente parlato nelle scorse settimane, anche se in verità, una volta passata la “tempesta mediatica”, tutto è precipitato nel dimenticatoio, tra il colpevole disinteresse di tanti cittadini e l’inquieto sentire di poche “menti illuminate”, fermamente contrarie alla decisione presa dal Governo, guidato da Silvio Berlusconi.
A suscitare le maggiori perplessità, è stato senza dubbio l’art. 15 di tale norma, che sebbene da un lato specifichi che l’acqua rimanga un bene di proprietà pubblica, dall’altro pone fine – di fatto – alle cosiddette “gestioni in house” del servizio idrico, a partire dal 2011.
Finora, com’è noto, l’esercizio “in house” ha consentito agli enti locali di distribuire l’acqua attraverso aziende controllate direttamente (le cosiddette “Municipalizzate”). Entro un paio d’anni invece, salvo il caso in cui la società gerente sia affidata almeno per il 40% a privati, tale possibilità verrà meno. Per quanto riguarda le società quotate, esse avranno tre anni in più per adeguarsi, purché al 30 Giugno 2013 siano partecipate al 40% da un ente pubblico locale (quota destinata a ridursi al 30% entro il 2015).
Sicuro che da una maggiore concorrenza discenda una maggiore efficienza, l’Esecutivo ha imposto per Legge a chi spetti il compito di “aprire i rubinetti” nelle case degli Italiani, promuovendo un’ennesima “Liberalizzazione di Settore”, la cui unica ed incontestabile certezza sarà solo la stangata che colpirà le famiglie, a seguito del paventato aumento del costo delle utenze, necessario (così dicono) per investire nell’adeguamento della rete… Voi ci credete?
Checché se ne dica, è indubbio che lo Stivale sia adagiato su un “mare d’acqua dolce”; proprio per questo, mi sorge qualche perplessità in merito alle reali motivazioni che abbiano condotto alla svendita della sua “consegna a domicilio”. Pare che nel Paradiso dei produttori di acqua minerale, irrompano di forza i “distributori privati” di quella pubblica, come a volersi dividere una ricca torta, preparata a spese dell’inerme contribuente.
Eppure l’esperienza dei nostri “cugini” d’Oltralpe appare indicativa. A metà degli anni ’80 l’Amministrazione Comunale di Parigi, guidata da Jacques Chirac, decretò la privatizzazione del servizio idrico. A causa di tale decisione, in pochi anni, i cittadini hanno dovuto affrontare spese crescenti, ricevendo un servizio scadente. A dire basta ad una gestione utilitaristica, basata su “privatizzazione degli utili” e “socializzazione delle perdite” è sceso in campo l’attuale sindaco socialista, Bertrand Delanoe, che in un sol colpo, per la somma felicità dei Parigini, ha municipalizzato di nuovo l’acqua cittadina e ridimensionato le pretese dei due giganti (Francesi) del business idrico mondiale, Suez e Veolia. Alla faccia degli ipotizzati strascichi giudiziari conseguenti alla sua scelta…
…E senza dover essere degli sciamani, non dubito che tra 15-20 anni ci troveremo a vivere la stessa situazione farsesca, fatta di buchi di bilancio, d’insulti e polemiche e di battaglie legali che si tramanderanno per decenni, in qualche oberato Italico Tribunale. Peccato che a ravvedersi non dovranno essere gli illustri “Politikanti” di oggi.
D’altronde, come affermava il noto scrittore Transalpino, Adolphe d’Houdetot: “l’esperienza ha l’utilità di un biglietto della lotteria dopo l’estrazione”. Un detto che sembra cucirsi addosso alla perfezione al “Sistema Italia”.
A scorrere i dati, discende che la Penisola possieda 330.000 Km di acquedotti vetusti e necessitanti di manutenzione e che lo storico Acquedotto Pugliese (il maggiore d’Europa) perda ben i 50% del prezioso liquido. Anziché gettare miliardi di Euro – come granaglie in una colossale tramoggia – in opere pubbliche discutibili ed accomunate solo dalla “sete” di denaro, sarebbe stato meglio investire nel rinnovamento delle condotte idriche del Paese.
Piuttosto che ad una politica “virtuosa” che avesse come parola d’ordine “risparmio”, che rendesse di fatto antieconomico l’interesse dei privati e che premiasse l’oculatezza dei consumatori, è stata imboccata una strada senza uscita, per cui si potesse continuare a sprecare, facendo la fortuna di qualche Multinazionale. Tutto mentre ci si riempie la bocca – a favore di telecamera – con paroloni tipo “Green Economy”, “Tutela del territorio”, “Salvaguardia delle risorse”…
Nulla cambia nella stanza dei bottoni: agli interessi delle 7 sorelle del Mercato Petrolifero, si sostituiranno quelli delle 7 sorelle del Mercato dell’acqua, mentre le “pipelines” dell’oro nero cederanno il passo a quelle dell’oro blu…
…Ed in giro per il mondo, alle “democratiche” guerre per i pozzi di Petrolio, a poco a poco, una dopo l’altra, subentreranno quelle per i pozzi artesiani.
Fare un business di una fonte di vita è una cosa illogica, ingiusta e vigliacca. Visto come gira l’Economia Globale, basta avere un poco di pazienza e ci troveremo a fare la coda in banca, per comprare l’ultimo “pacco” studiato dai Maghi della Finanza: i “futures” sull’acqua della falda vicino casa, (anziché sul “Brent” del Mare del Nord, o sul “pregiato” metallo Australiano).
Insomma, meglio tenere alta la guardia, o dopo l’addio all’acqua del Sindaco potrebbe essere la volta della tassazione al m3 dell’aria inspirata… Naturalmente!
D.V.