L’ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, aveva puntato tutto sul pacchetto di Riforme della Costituzione, fortemente voluto da Giorgio Napolitano, ed ha perso. Lasciate le chiavi di Palazzo Chigi nelle mani di Paolo Gentiloni, in attesa della resa dei conti all’interno del PD, non resta che aspettare le prossime Elezioni Politiche, perché potete giurarci: tornerà! E visti i precedenti, non è detto che sia un bene per l’Italia.
“Agire come Bartebly lo scrivano. Avere sempre una preferenza per il NO. Non rispondere a inchieste, rifiutare interviste, non firmare manifesti perché tutto viene usato contro di te in una società la quale è chiaramente contro la libertà dell’individuo e favorevole al malgoverno, la malavita, la mafia, la camorra, la partitocrazia. Che ostacola la ricerca, la cultura, una sana vita universitaria. Dominata dalla Burocrazia, la polizia, la ricerca della menzogna, la tribù, gli stregoni della tribù, gli arruffoni, i meridionali scalatori, i settentrionali discesisti, i centrali centripeti, la Chiesa, i servi, i miserabili, gli avidi di potere a ogni livello, i convertiti, gli invertiti, i reduci, i mutilati, gli elettrici, i gasisti, gli studenti bocciati, i pornografi, i poligrafi, truffatori, mistificatori, autori ed editori. Avere come preferenza assoluta il rifiuto, ma senza specificare la ragione del rifiuto, perché anche questa verrebbe distorta, annessa, utilizzata. Rispondere: ‘Preferirei di NO.’ Non cedere alle lusinghe della televisione. Non farsi crescere i capelli, perché questo segno esterno classifica e l’azione può essere neutralizzata in base a questo segno. Non cantare, perché le canzoni piacciono e vengono annesse. Non preferire l’amore alla guerra, perché anche l’amore è un invito alla lotta. Avere preferenza per il NO. Non adunarsi con quelli che la pensano allo stesso modo, migliaia di preferenze negative isolate sono più efficaci di milioni di preferenze negative in gruppo. Ogni gruppo può essere colpito, annesso, utilizzato, strumentalizzato. Alle urne mettere la scheda bianca sulla quale si sarà scritto: Preferisco di NO. Sarà il modo segreto di sentirti definitivamente sereno; e forse quelli del “sì” cominceranno a chiedersi che cosa non viene apprezzato nel loro ottimismo”. (Ennio Flaiano)
Un incontro con D.V. – Del Comitato di Redazione
Or dunque, eccoci qua ad analizzare l’Italia del post-Referendum sulle Riforme, dopo la schiacciante vittoria del NO in difesa della Costituzione Repubblicana. Indiscutibilmente, il tuo impegno è stato premiato. Indubbiamente, hai trionfato. Non trovi?
Beh, in effetti non posso negare di far parte della folta schiera dei cosiddetti “vincitori”, soprattutto perché sono consapevole che la mia opera di divulgazione e d’invito alla riflessione, unitamente alla volontà di fare opinione contro decisioni già prese e impacchettate, spacciate con la panacea contro ogni male, alla lunga abbia dato i frutti sperati. Credo di aver onorato l’opera e la memoria di un giurista illuminato come Piero Calamandrei. Tuttavia, preferisco pensare che la vera vincitrice sia stata solo e soltanto la Sacra Carta. Detto ciò, per contrappasso è bello pensare che ad aver perso siano state la supponenza, la saccenteria, la presunzione e l’arroganza proprie degli avversari. Già perché, nonostante le avessero provate tutte, hanno raccolto il nulla. E ancora stentano a crederlo! In un certo qual modo, hanno la faccia tosta di ritenere di non aver perso, come se la “legge dei numeri” non avesse emesso la propria sentenza. Eh, no. La matematica non è un’opinione. Neppure in Politica.
C’è stato qualcosa che ti ha infastidito nell’interminabile campagna elettorale che ha preceduto il voto?
In tutta onestà, ve ne sono state ben più di una. La prima cosa ad avermi infastidito è stata la faccia di Matteo Renzi servita a colazione, a pranzo e a cena da tutti i media, con la RAI, che ancora porta l’etichetta di televisione pubblica, schierata in prima fila al suo fianco. Un’esagerata sovraesposizione che sebbene non gli abbia giovato, è stata davvero insopportabile. Assurdità del tipo” Matteo che fa cose, vede gente… E mette mano alla Costituzione per il nostro bene”. In secondo luogo non ho tollerato l’intromissione di politici d’oltre-confine come Barack Obama e Angela Merkel, unitamente alle calcolate prese di posizione di Banchieri, Finanzieri, Managers e faccendieri.. Inoltre, ho provato una certa rabbia, più che sorpresa, per il voltafaccia di Roberto Benigni sulla “Costituzione più bella del mondo”. Una scelta, la sua, su cui potrei scrivere un commento enciclopedico, ma sulla quale preferisco tacere per decenza e per rispetto verso il geniale comico “che fu”. Non mi è piaciuto neppure che dalle schiere degli arruffapopoli per cui “bastava un sì”, si sia inteso descrivere chi volesse votare NO come dei difensori della Casta, come dei privilegiati impegnati in difesa della propria poltrona, o come degli sprovveduti. In base alla loro logica, evidentemente “liberal” a fasi alterne, è un po’ come dire che a ritenere inumano e degradante il 41-Bis, si sia giocoforza mafiosi. Un’idiozia pura e semplice. Cittadini “contro” esistono ed esisteranno sempre e non sono affatto rari quelli che dicono e che diranno NO per ragionata convinzione e per illuminata consapevolezza.
Incredibile ma vero, dopo anni di calo senza freni, la percentuale di Partecipazione al voto ha fatto segnare una sorta di “record”. Un flusso di ritorno verso l’alto. Come te lo spieghi?
Non vorrei ripetere cose già dette, ma è evidente che al di là dell’importanza del quesito, l’elettorato abbia colto l’occasione per inviare un messaggio al Governo di Matteo Renzi: dalla politica economica a quella del Lavoro passando per la fallimentare gestione dell’Immigrazione, è giunta una bocciatura senza “esame di riparazione a Settembre”. E in tutto ciò, il principale colpevole della débâcle è stato proprio il “Presidente del Consiglio nostro malgrado”, il quale, colto da delirio di onnipotenza, nelle sue quotidiane lezioni di “Marketing di se stesso”, aveva scelto di “personalizzare” il Referendum come giudizio sul suo operato, ordinario e costituente, salvo poi rimangiarsi le sue affermazioni al riguardo, in uno scialbo tentativo di salvare capra e cavoli. Ha scelto egli stesso di immolarsi in una lotta “tutti contro uno” ed era ovvio che rimanesse “asfaltato”.
L’Italia è ancora una Democrazia dunque. I principii ispiratori e i suoi valori sono ancora di casa, nonostante tutto. Cosa ne pensi?
Fondamentalmente, la Democrazia alberga ancora nel nostro Paese e il merito è tutto dei cittadini che non si sono piegati agli eventi. Pare incredibile, ma è così. E’ straordinario come milioni di Italiani si siano stretti e abbiano assestato un gancio in faccia a un “contro-Potere costituito”, prono al volere della Finanza. Una cosa che strugge davvero il cuore. Anni fa, a fronte di un bivio politico e generazionale come quello rappresentato dal Referendum, probabilmente avremmo assistito a qualche “scoppietto”, qua e là… Insomma, un attentato riuscito, qualche artificioso ordigno inesploso, tanto per dare forza agli “uomini delle Istituzioni” e al loro tornaconto, nella più classica strategia della tensione. Oggigiorno, tuttalpiù, abbiamo toccato mano la “strategia dell’invenzione” in cui tutto era verità assodata soltanto perché taluni pretendevano che così dovesse essere. Se certe “marchette” economiche a mo’ di Achille Lauro e se certe operazioni di propaganda attraverso la televisione pubblica le avesse proposte, che so, Silvio Berlusconi, avremmo visto le ergersi le barricate su una certa parte dell’emiciclo Parlamentare. Invece… Invece, con Matteo Renzi tutti calmi e sereni a Sinistra. Ma tant’è. Quel che mi conforta è che anziché le bombe, stavolta a saltare in aria sia stato soltanto “il bomba”. Con tante grasse risate di giubilo.
Con la “Democrazia del Populismo” sempre più in voga nel mondo, il “rischio Tirannide” è sempre attuale?
Le Tirannidi di Governo hanno fatto la Storia dell’umanità. Da Alessandro Magno a Napoleone, da Giulio Cesare al nugolo di dittatori del XX secolo. Per questo, nonostante si tenti d’imbellettare le società moderne come realtà pregne di libertà, è bene non dare tutto per scontato. Restando al nostro Paese, sono convinto che se il rischio di “un uomo solo al comando” sia stato temporaneamente scampato, il merito sia da attribuirsi in buona parte al web. Come dire: Internet ha avuto un ruolo fondamentale. A dispetto di quanto abbia affermato di recente Giorgio Napolitano, i “clic” contano e la Democrazia liquida è una realtà con cui la “vecchia Politica” o meglio, con cui il vecchio modo di far Politica non è riuscito a fare per tempo i conti. Non è bastato il Renzi “twittatore” spregiudicato, né sono stati sufficienti i siparietti (le e-news, ndr) settimanali dello stesso. E’ per questo che ritengo opportuno non abbassare la guardia, impedendo che in un futuro più o meno prossimo, qualche “novello censore” travestito da inflessibile giudice della pubblica decenza, perori la causa della limitazione della libertà comunicativa della Rete. Sarebbe la fine di tutto. Sarebbe l’alba dell’illiberalità fatta Ordinamento. Non dimenichiamo che la cosiddetta “anarchia” del web, ivi compresa quella informativa, sia la sua forza e che su tale forza sbocci e maturi l’istinto dei popoli.
Indubbiamente, dopo la “scottatura” rimediata col Referendum del 4 Dicembre, nel tentativo di non bruciarsi del tutto Matteo Renzi ha preferito cedere il passo, lasciando Palazzo Chigi. Con la scusa di tener fede alla parola data, riguardo alle sulle sue dimissioni in caso di sconfitta, il suo obiettivo, in realtà, è soltanto uno: ritemprarsi in vista della prossima Campagna Elettorale.
Tornando al responso dell’urna e alle conseguenze sul Governo, hai apprezzato il “passo indietro” di Matteo Renzi?
Beh, lasciami dire che più che un passo indietro il suo sia stato un “passo di lato”… Si è soltanto eclissato dopo la sua personalissima “Waterloo” in attesa di più fausti eventi. Con le sue dimissioni, attese dai più, ha voluto inviare un messaggio ai suoi detrattori e al suoi sostenitori, per dimostrare di essere differente da certi suoi predecessori a Palazzo Chigi. Differenza tutt’altro che realistica, come dimostrato sia dal previsto tentativo di reincarico di Governo, inscenato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sia dalla continuità data al suo Esecutivo dal successore, Paolo Gentiloni. Per quanto mi riguardi, il suo formale atto di auto-dimissionamento “per ripicca” non è grave quanto il fatto di essere entrato a Palazzo Chigi a spese di Enrico Letta (“Enrico stai sereno”, ndr) e senza essere stato eletto in Parlamento. A dispetto di quanto credano tanti “giuristi della Domenica” so benissimo come funzioni la designazione della Quarta Carica dello Stato, pur tuttavia, anche a voler dare un’impronta “tecnica” alla sua designazione, è complicato, se non impossibile, determinare quali siano queste famigerate “capacità tecniche” riconosciutegli a suo tempo da Giorgio Napolitano…
Colgo dalle tue parole una netta convinzione che non sia calato il sipario sul suo futuro politico. A tuo modo di vedere, come si “riposizionerà”?
Indubbiamente, Matteo Renzi è vivo e lotta contro di noi. Mai ho ipotizzato che egli avesse seriamente intenzione di dire addio alla politica. Era ed è destinato a restare, perché il Potere dà alla testa; il Potere ubriaca… “Il Potere logora chi non ce l’ha”, era solito affermare un tale che di Potere pluriennale, multiforme e “tentacolare” se ne intendeva assai. La cosa che non riesco tuttora a comprendere è che ci faccia nel PD, ovvero in quell’accozzaglia (questa sì, davvero tale, ndr) originata da un partito comunque glorioso, quale il PCI di Enrico Berlinguer seppe essere ben oltre ogni ideologia. Lo vedrei meglio in Forza Italia, assieme ai boriosi esponenti del suo “Giglio Magico”, come successore dell’ex-Cavaliere. Ai miei occhi, Renzi è infatti un piccolo Berlusconi riveduto e corretto. Anzi, “scorretto”… Dopo tutto, di David Cameron – causa ed effetto della Brexit, caduto in disgrazia per sua stessa mano – ne esiste soltanto uno e vive nel Regno Unito. Sarà comunque interessante vederlo ancora in campo, nel tentativo di frenare l’incontrastabile ascesa del Movimento Cinque Stelle. Movimento tremendamente bisognoso di un avversario “esterno” con cui incrociare la spada, per evitare lotte fratricide al suo interno, proprio mentre si accinge a diventare una potenziale forza di Governo.
Riguardo al Movimento Cinque Stelle, sei d’accordo con Beppe Grillo che chiede Elezioni Politiche subito?
Vorrei ma non posso. Infatti, nonostante consideri un non-sense qualunque “Governo di scopo” – poiché un Governo è tale finché goda della Maggioranza in Parlamento, senza limiti e senza preordinate date di scadenza – l’eventualità d’indire nuove elezioni con due diverse leggi elettorali, una per la Camera dei Deputati (l’Italicum, ndr) e una per il Senato (il Consultellum, ndr), proporrebbe un rischio altissimo di ingovernabilità. Evento infausto che comunque l’Italia non può permettersi. Anche perché se fino ad ora i Mercati non si sono scatenati non è detto che non possano farlo. Dopo tutto l’incertezza è la chiave della Speculazione. Nel Regime di Democrazia sospesa vigente ormai da oltre un lustro, consapevoli di aver salvato la Prima delle Leggi dallo scempio e preso atto della sceneggiata Renziana, tanto vale tenere duro fino alla scadenza della Legislatura, con gli occhi ben aperti che ogni velleità di modificare la Legge Elettorale non vada a scapito del M5S. Renzi si è scottato, ma non si è bruciato. Spetta proprio ai “Grillini” il compito di tenerlo sulla graticola in attesa del 2018.
Hai qualche idea circa la “migliore legge elettorale” da dare all’Italia?
Allorché la Consulta cancellò le storture del vil “Porcellum”, dichiarando in via mediata l’illegittimaità del Parlamento in carica, vidi con favore il temporaneo ritorno al “Mattarellum”, o, in alternativa, l’adozione del “Consultellum” scaturito dalla sentenza della Corte stessa. Ora come ora, mentre si ripensa il mai applicato Italicum, per paura che il M5S possa “prendersi l’Italia”, sono dell’idea che si debba riabbracciare il Sistema Proporzionale e di riporre nel cassetto il Sistema Maggioritario, che in passato ebbe pur modo di entusiasmarmi. Dopo tutto, è dimostrato dagli eventi, che la presunta Governabilità assicurata da quest’ultimo sia quantomai discutibile. A parte il caso eccezionale rappresentato dal Referendum del 4 Dicembre scorso, il Partito dell’astensione è il primo del Paese. Ciò, in quanto l’elettore medio è stanco di sentirsi parte di schieramenti “minestrone” che, nel nome di un bipartitismo mai nato, l’hanno accomunato a persone ed idee troppo diversi. L’Italia è un Paese in cui è fortemente radicato il Parlamentarismo, ergo, credo che l’adozione di una legge elettorale Proporzionale che preveda uno sbarramento del 5%, il voto di preferenza, la determinazione della Coalizione d’appartenenza prima del voto, il “Vincolo Di Mandato” in capo agli eletti e una “Norma Anti-Ribaltone”, con decadimento automatico per chi decidesse di tradire il voto elettorale, possa essere la soluzione più giusta e democratica. E ovviamente, a contorno, nessuna pendenza con la Giustizia e limite di eleggibilità per due Legislature consecutive.
Usi spesso l’aggettivo “Sacra” nel parlare della Costituzione. E’ forse un “totem” inviolabile?
A mio giudizio, vorrei fosse ben chiaro, la Costituzione dovrebbe essere prima di tutto applicata e realizzata nei suoi dettami. La sua chiarezza è la sua forza e non occorre certo perdersi nei meandri delle interpretazioni. Ogni Governo e ogni Parlamento che fino ad oggi abbiano lasciato “mute” certe sue prescrizioni si sono di fatto posti al di fuori della Costituzione stessa. E ovviamente, continuare cercare una “modifica di parte” non condivisa e affatto ponderata, non è la soluzione. E’ la via verso la contrapposizione; verso la spaccatura; verso il disastro. Non è con lo stravolgimento di 47 articoli su 139 che sorgerà l’Italia di domani. Ciò premesso, rispondendo alla tua domanda, non ritengo che essa sia un totem inviolabile. Sebbene dopo settant’anni la trovi ancora potente e affascinante sono dell’idea che qualche ritocco possa “ringiovanirla” e mantenerla al passo coi tempi.
Se dovessi essere tu a proporre delle Riforme della Costituzione, da che parte cominceresti?
Per prima cosa, renderei il voto obbligatorio per responsabilizzare l’elettore. E’ fin troppo facile infatti, cedere al disimpegno e alla polemica sterile, quando si rinunci alla partecipazione attiva al funzionamento delle Istituzioni e dunque della Comunità d’appartenenza. In secondo luogo vedrei con favore l’abbassamento a sedici anni del limite normativo sulla maggiore età, cosicché la conseguente “estensione” dell’art.48 possa consentire il voto a cittadini più giovani. Ciò, al fine di soppesare lo sbilanciamento generazionale causato dall’invecchiamento della popolazione. Inoltre, se non fosse che l’Italia sia notoriamente la “Patria del voto di scambio”, nel rispetto del principio della segretezza sarei favorevole al voto on-line, con pensionamento di carta e matite copiative. E proprio in forza della Responsabilizzazione dell’elettore (nonché di un pragmatismo economico che eviti di buttare il denaro alle ortiche, ndr), cancellerei il quorum nei Referendum abrogativi.
E riguardo agli Organi Costituzionali, come riterresti opportuno intervenire?
Credo che per realizzare davvero una “Seconda Repubblica” pienamente qualificabile come tale, ogni intervento debba essere mirato e minimale. Ad esempio, pur senza modificarne poteri e prerogative, vedrei con favore l’elezione diretta del Capo dello Stato. Come dire: chiamerei ad esprimersi il “popolo sovrano” in luogo del Parlamento. Sarebbe un modo virtuoso per interrompere lo scollamento tra le Base e il Vertice. Riguardo alla Consulta, ridurrei a 9 il numero dei suoi componenti. In Parlamento, sarei favorevole alla riduzione di 2/3 del numero deputati e senatori e gradirei la contestuale riduzione delle loro diarie a 1/3 di quelle correnti. Si potrebbe optare per il Monocameralismo puro o si potrebbe lavorare, seriamente, in favore del Bicameralismo differenziato, trasformando il Senato sul modello del Bundestrat Tedesco (quello vero, non quello spacciato come tale dalla Riforma Boschi, ndr). D’altro canto, ridurrei ulteriormente, magari cancellandolo del tutto, il privilegio chiamato “immunità parlamentare”. In quanto al Governo, partirei col fissare un limite alle richieste di Fiducia possibili nell’arco di una Legislatura: non più di cinque, per ridare alla discussione Parlamentare il valore che merita e per evitare tutti gli abusi che conosciamo. Inoltre, per porre fine ad un’assurda de-responsabilizzazione dell’Esecutivo nel suo insieme, cancellerei lo pseudo-istituto della “Sfiducia Individuale”, inventato di sana pianta dalla Corte Costituzionale ai tempi del Governo Dini, per destituire il Ministro di Grazia e Giustizia di allora, Filippo Mancuso. Perché a mio parere, nel rispetto degli intendimenti dei Padri Costituenti, per i Ministri dovrebbe valere il motto dei moschettieri: “tutti per uno, uno per tutti”. Lasciami dire, infine, che io non veda affatto con favore il mantenimento del pareggio di bilancio introdotto in fretta e in furia dal Governo Monti. Ciò, non perché faccia parte del “Partito della Spesa Pubblica”, ma perché tale vincolo impedisca a qualunque Governo di applicare “ricette Keynesiane” di sostegno della domanda, in periodi di Recessione Economica. Tale scelleratezza dovrebbe essere spazzata via.
Si è parlato tanto, sovente a sproposito di abolizione delle Province, di riduzione del numero di Regioni, di conflitto di attribuzione e di “interesse nazionale”. Come ridisegneresti la geografia dello Stato?
Mi rallegro che con la tua domanda tu mi abbia posto innanzi all’infinita discussione sul Titolo V. Partendo da lontano, tornando per un attimo al Risorgimento, credo che nonostante ci si affanni a sperare altrimenti, il nostro Paese resti profondamente diviso, quasi a ricalcare lo status quo antecedente al 1861. E probabilmente, a ben guardare, l’idea di Carlo Cattaneo di fare dell’Italia uno Stato federale sul modello Svizzero si sarebbe rivelata migliore di quella, poi adottata, di Stato centralista di stampo Francese.
Per prima cosa vedrei dunque con favore l’aggiunta dell’aggettivo “federale” all’art.1 (“L’Italia è una Repubblica Democratica e Federale fondata sul Lavoro…”, ndr). Non certo perché abbia o abbia mai avuto simpatie per chi faccia della Secessione il punto focale del proprio Statuto, ma per la volontà di restituire valore alle autonomie locali, in un contesto di unitarietà indissolubile. Riterrei poi opportuna una nuova suddivisione amministrativa dello Stato, agendo sul Titolo V, mediante una riduzione del numero delle Regioni a non più di sette (Regioni che, prendendo spunto dal nostro passato, potrebbero assumere denominazioni di carattere storico. Ad esempio: “Repubblica” Sabauda; R. Cisalpina; R. Serenissima; R. Medìcea; R. Borbonica; R. di Sardegna e R. di Sicilia, ndr), magari assegnando a Roma uno status simile a quello di Washington D.C. Ragioni di bilancio e di buona amministrazione impongono di dire addio alle venti Regioni che conosciamo e alle assurde disparità esistenti tra Regioni ordinarie e Regioni a Statuto Speciale. E ovviamente, senza ritornare al principio dell’interesse nazionale (come invece avrebbe preteso di fare, attraverso la famigerata “Clausola di Supremazia”, il progetto di riforma respinto dall’elettorato, ndr) sarebbe utile smussare le storture sulle competenze Stato-Regioni, create dalla pasticciata riforma voluta dal Centro-Sinistra nel 2001. Ciò è indubbio e indiscutibile.
Fatte le dovute considerazioni, il tuo potrebbe apparire come un vero e proprio Manifesto Politico; un punto di partenza per il programma di qualche partito desideroso di un cambiamento condiviso, che non rinunci alla Costituzione lasciataci in dote e che non punti a ridurre la Democrazia in Italia. Sbaglio?
Ho sempre nutrito il massimo rispetto nei confronti dell’Assemblea Costituente e guardo sempre con favore al risultato normativo del suo lavoro. Per questo ritengo che qualsiasi scelta che ne intacchi la forma e la sostanza non possa e non debba essere accettata, se non partendo dal principio della condivisione. Ovviamente, i miei sono soltanto spunti e suggerimenti. Qualora fossero ritenuti utili ne sarei certamente lieto.
Leggendo i tuoi articoli credo di poter affermare, senza rischio di smentita, che il Movimento Cinque Stelle goda della tua preferenza politica. Non è così?
In tutta onestà, non posso negarlo: nel buio della “notte della Repubblica”, guardo sempre con fiducia e con rinnovata speranza verso le stelle…
Hai mai pensato di darti alla “carriera politica”? Tra tanti pseudo-riformatori e auto-celebrati statisti, potresti fare la differenza.
Beh, che dire? Citando Max Weber: “Ci sono due modi di fare il politico: si può vivere per la politica oppure si può vivere della politica”… A dispetto delle folte schiere di azzeccagarbugli alberganti in Parlamento, io preferisco vivere “per” la politica, limitandomi al ruolo di suggeritore dietro le quinte, per quanto nelle mie possibilità di cittadino qualunque. Se poi un giorno dovessi sentirmi più utile sul campo, non esiterei a passare dalla parola ai fatti… Dopo tutto, mai e poi mai potrei tirarmi indietro al cospetto di un comune causa di vita chiamata “Italia”.
Del Comitato di Redazione.
P.S. Grazie a D.V.
Egr. lettore, le minoranza etnico-linguistiche non sarebbero a rischio in un’eventuale riorganizzazione/razionalizzazione amministrativa, attuata mediante la riduzione del numero delle Regioni. Oggigiorno, è cosa nota, lo Statuto Speciale attribuito a 5 di esse è un’anomalia storica, giuridica ed economico-finanziaria, un “multiforme abuso” se vuole, non più in linea con lo Stato moderno. Le minoranze non sarebbero a rischio, si diceva, in quanto la rivisitazione del Titolo V che qui si propone non inciderebbe in alcun modo sull’art.6 della Costituzione. Ciò, beninteso, a patto che il “sentimento patrio” continui ad essere considerato, volenti o nolenti, il collante dell’intera comunità nazionale.
Starei un po’ più attento sulle Autonomie speciali che riguardano le minoranze nazionali linguistiche