Una foresta Vietnamita rasa al suolo dal Napalm.
Questa è la visione che ho avuto in questi giorni, osservando l’Italia in fiamme.
Boschi secolari e verdi colline devastati irrimediabilmente e ridotti a lande desolate, così come irrimediabili sono i danni alle case di sfortunati cittadini e a tanti animali al pascolo “rimasti” tra le fiamme.
Sardegna, Sicilia, Puglia, Calabria, le Regioni più in sofferenza, “incenerite” da fiamme che troppo spesso si concentrano là dove a prevalere è la vocazione turistica. Ogni zona con la sua truppa di Vigili del fuoco, Forestale e Protezione Civile e con la sua schiera di mezzi fatta di Autopompe e Canadair. Ogni luogo con il proprio abitante triste, dubbioso ed arrabbiato.
Senza tirare in ballo i danni economici, morali e materiali incalcolabili, che già ingrigiscono i pensieri di Governanti e governati.
Considerando che l’autocombustione vegetale sia praticamente impossibile e senza escludere a priori che vi possano essere casi di “errore umano,” che per l’imprudenza di qualcuno conducano allo sviluppo di focolai, resta una sola causa: il dolo. Insomma la volontà di pochi che per “curare” o “ampliare” i propri interessi, provochino direttamente, o per mezzo di “volenterosi intermediari”, incendi giganteschi ed indomabili. Manco a dirlo, a monte di tutto stanno potere ed avidità. Sempre e solo loro, sono la chiave di un mondo che ruota attorno a quel denaro che “non è mai abbastanza”.
Quali soluzioni adottare per reprimere tali eventi?
Anzitutto, come giusto, comincerei con una campagna educativa tra i banchi di scuola, poiché prima o poi tutti si diventa grandi e ci si va a confrontare con i doveri della società, come la salvaguardia delle foreste.
In secondo luogo procederei ad un inasprimento delle pene, dandone ampio risalto mediatico, equiparando il reato di Incendio boschivo, previsto dall’art. 423-bis del Codice Penale, a quello di Strage, contemplato nell’art. 422. Il minimo di pena comminabile s’innalzerebbe così a 15 di carcere, aumentabile nel caso in cui fosse cagionata la morte di una o più persone. Se è vero che ignorantia legis non excusat, meglio essere certi di aver fatto il massimo perché ciò sia davvero.
Visto il sistema “mafioso” – se non addirittura “terroristico” – nascosto dietro agli incendi, estenderei poi le regole dell’art.41-bis della Legge 354/75 (sull’ordinamento penitenziario) ai condannati per tali atti, per lo meno quando siano stati presi in flagranza.
Infine, essendo contrario alla pubblica gogna – anche se d’impeto potrei giungere a suggerire le pene corporali nelle piazze, ed i “ceppi” ai piedi – prevederei un programma di utilità sociale in capo ai piromani condannati in via definitiva, affinché si redimano fattivamente di fronte allo Stato.
Il solo timore che ho, è che come d’uso, trascorsa l’Estate bollente ci si scordi di tutto, in attesa del prossimo ed immancabile gelido Inverno e che di punto in bianco il solito Pinco Pallino se ne venga fuori decantando i pregi di una corretta azione incendiaria, sul rilancio dell’Economia di zone depresse e dell’intero Paese…
La storia recente insegna.
D.V.